Festival del film di Roma: “Tous Les Chats Sont Gris” , famiglia è dove c’è affetto

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300~v~tous-les-chats-sont-grisdi Alessandro Paesano  twitter@Ale_Paesano

Ormai è chiaro, le sorprese di questa nona edizione del Festival Internazionale del Film di Roma provengono prevalentemente dalla sezione parallela e autonoma Alice nella città che sa regalarci dei film che possono chiamarsi tali, mentre le sezioni ufficiali del festival ci danno pellicole mainstream che con un festival non dovrebbero avere nulla a che fare.

Tous Les Chats Sont Gris (t.l. tutti i gatti sono grigi) (Belgio, 2014) di Savina Dellicour, in competizione, presentato in programma col titolo internazionale inglese e non con quello originale francese, perché essere provincia nordamericana è una vocazione,  è un film fresco e interessante sulla ricerca delle proprie origini e sui rapporti tra adolescenza ed età adulta. Il film racconta il percorso di ricerca della sedicenne Christine che sente di non essere accolta dal padre e dalla madre come dovrebbero o come fanno con la sorella più piccola che ha la metà  dei suoi anni, e sospetta che il padre che l’ha cresciuta non sia quello biologico. Quando incontra per caso un investigatore privato  lo incarica di rintracciare suo padre biologico.
Il film individua una ratio a metà strada tra la biologia e la vita insieme. Padre non è nell’uno né l’altro è quell’adulto che ti sostiene e ti vuole bene.

Sorprendente, elegante e condivisibilissima terza via raccontata nelle ville borghesi dei dintorni di Bruxelles, dove le conseguenze di una ubriacatura distruttiva, che ti portato a fare sesso con diversi uomini nella stessa notte tanto da non sapere  quale è il padre di tua figlia, perché nemmeno ti ricordi con chi sei stata, diventa un ammonimento non moralista ma etico per tutta la gioventù che oggi abusa di alcool e droghe. Non lo so se li ho provocati se ero consenziente o hanno abusato di me spiega la madre alla figlia prima di chiederle scusa per averle nascosto la verità cosa ti dovevo dire che sei uscita da un buco nero del quale non ho memoria?

Famiglia è là dove ci sono affetti, sostegno e solidarietà, checché ne dicano le persone benpensanti che vogliono imporci una morale  che sono le prime a derogare  in base a una dispensa particolare perché loro sono sempre meglio di noi.
In sala  un gruppo osceno di giovani ragazzi di una superficialità mostruosa, quando la madre accenna al buco nero scoppia in una risata nemmeno avessero 14 anni (purtroppo ne hanno molti di più) mentre alcune ragazze alla confessione dell’orgia\stupro commentano con uno zoccola, ad alta voce, detto seriamente, non come battuta, che ci ha ferito più di una pugnalata al cuore.

Maschiliste si cresce, non si diventa.

Unico neo la macchietta inutile e vituperante del cugino gay dell’investigatore privato che, indovinate?,  è effeminato e nonostante abbia superato la quarantina è privo di una relazione stabile.  I froci, si sa, non amano, pensano solo al sesso.

Maledetta omofobia!

 

 

 

 

(23 ottobre 2014)

 

 

 

 

 

 

©alessandro paesano 2014
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