di Alessandro Paesano twitter@Ale_Paesano
Song of the Sea (t.l. la canzone del mare) (Irlanda, Lussemburgo, Belgio, Francia, Danimarca, 2014) di Tomm Moore, è uno splendido film di animazione che si impone visivamente per il tratto acquarellato molto distante dalle soluzioni grafiche della’animazione contemporanea tanto quella iperrealista iperrealista tanto quella stilizzata che tende all’iconismo. Il racconto leggendario suggerisce un tratto grafico autonomo a metà strada tra le illustrazioni dei libri di fiaba e il fumetto. Nella storia inventata dallo stesso regista – che si è ispirato a leggende di impianto magico naturista irlandese -, spicca al di là dei dettagli della trama, il tema dell’elaborazione del lutto e dell’importanza dei sentimenti la cui assenza ci trasforma in pietre. La morte della madre, l’eredità di una diversità altra che si tramanda di madre in figlia, l’impossibilità maschile di accettare queste differenze, pur essendo temi noti sono esposti con singolare efficacia in un impianto narrativo coerente nel quale emerge con chiarezza la necessità di vivere appieno le emozioni, i maschi come le femmine, emozioni anche negative o dolorose che non possiamo evitare senza pietrificarci e dormire, che è un altro modo di morire.
Un film meno sessista del solito (anche se le grandi figure di riferimento rimangono sempre quelle maschili) che dimostra la liceità dei sentimenti per tutte e tutti anche per i bambini e i papà.
Abbiamo assistito alla proiezione in una sala gremitissima di bambini e bambine che hanno seguito la proiezione in lingua originale inglese con sottotitoli in italiano in religioso silenzio esplodendo in un applauso catartico quando, nel finale, la situazione che sembrava disperata si scioglie nel canto colorato della piccola protagonista che con la propria voce risveglia le creature pietrificate da una strega apparentemente cattiva che in realtà voleva solo evitare a suo figlio il dolore di avere perso la donna che amava.
Perché prima o poi perdiamo nostra madre, chi dopo chi prima e il lutto dobbiamo imparare a elaborarlo. Solo chi ha il cuore di pietra può credere che il lutto non si addica all’infanzia. La sala vociante dimostra al di là di ogni dubbio che la vita e la morte sono concetti chiarissimi anche in tenera età e che i sottotitoli non son difficili da leggere come lamenta gran parte del pubblico adulto tanto che l’infanzia ci riesce benissimo e lo trova alquanto naturale.
Un’altra splendida sorpresa di Alice nella città che non ci ha mai deluso sin dalla prima edizione della Festa del cinema.
Rimane da chiedersi se, essendo un film niente affatto in linea con l’ipertecnologismo nordamericano, questo film troverà una distribuzione italiana…
(21 ottobre 2014)
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