@RomaFilmFest: Piccolo abbecedario festivaliero. tre

Altra Cultura

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images9DNVMZSRdi Alessandro Paesano   twitter@Ale_Paesano

T come tette

A cominciare da quelle della sigla ufficiale del festival.

Poi  anche nei film visti fin qui, con l’unica eccezione del tedesco Die Lugen Del Sieger,  che ci mostra il corpo nudo e gradevolissimo di Florian David Fitzil, non nuovo a performance nudiste, altrimenti il nudo, parziale, dunque le tette (ma quello di Tokyo Fiancée  è integrale), è solamente femminile.

L’immaginario collettivo è maschilista e sessista.

Le donne si mostrano nude a prescindere dall’importanza ed essenzialità del nudo nella scena, mentre quando, anche per coerenza, i maschi che le accompagnano dovrebbero essere nudi altrettanto, compaiono mutande, lenzuola e altri …pesci democristiani (chi ama Totò capisce).

Non ci si fraintenda non stiamo chiedendo qualche centimetro in più di pelle nuda maschile.
Stiamo parlando della dignità delle attrici che ci sembra venga svilita quando a spogliarsi sono solo loro e non le controparti maschili.
Non ci teniamo affatto a vedere Fabio De Luigi nudo ma il seno nudo di Caterina Guzzanti in Soap Opera ci pare umiliante per l’attrice perché è l’unica a spogliarsi, non capiamo perché se si vede nuda lei non può vedersi nudo anche lui…

E’ il doppio standard che ci dà fastidio soprattutto quando viene fatto dai maschi in un ambiente come quello dello spettacolo dove, come racconta Paola Pitagora in un libro di memorie, ai provini alle ragazze viene chiesto di indossare il bikini anche quando l film si svolge in montagna…

 

P come Personale.

Come ogni anno mi capita di avere a che fare con il personale addetto al servizio di sala, bellissimo e meno bello, di entrambi i sessi, e sono uno dei pochi che ci parla, lo saluta, lo vede quando gli passa accanto entrando o uscendo dalle sale, considerandolo un essere umano e non un elemento decorativo delle sale dell’auditorium.
Ragazzi  e ragazze che compiono un lavoro importantissimo, fanno entrare e uscire il popolo bue delle proiezioni e mettono le sale in sicurezza (per cui nessuno o nessuna che vi entra può lasciare un ordigno esplosivo che fa boom).

Subito dopo le pellicole (i film) sono l’elemento indispensabile del Festival, prima ancora del pubblico che, senza di loro, non entra.
Negli anni ho imparato a riconoscere visi e fisionomie, i loro linguaggi del corpo, le corporature e le attitudini caratteriali fraternizzando con quel ragazzo carino, o salutando con un sorriso quella ragazza che se fossi etero…
Purtroppo il ragazzo gentile e dagli occhi bellissimi che quattro anni fa era di postazione al cinema Barberini non l’ho più rivisto…

Al Personale tutto il plauso per adempiere a un compito indispensabile e mai riconosciuto.

Beh, quasi mai!

 

F come Froci

Quelli che nei film del Festival di quest’anno o muoiono ammazzati (The Knife That Killed Me), o sono strumento di offesa (mica sarai gay ? Ci manca solo l’aids, Eden) o sono simbolo di effeminatezza (Mio Padre) oppure sono uomini che per un bacio dato durante l’infanzia non sanno se lo sono o meno e basta  un altro bacio per capire di non esserlo (Soap Opera) oppure esiste solo come irrisolto complesso di Edipo o come sesso Mercenario (Ragazzi).
Mai che le omosessualità godano della stessa dignità, dello stesso rispetto dell’eterosessualità (con le dovute eccezioni About a Girl, ma lì si tratta di omosessualità femminile…).

L’omosessualità è al limite un’eccezione da tollerare e per il nazifascismo del popolo italiano  già questa è una squisita conquista.

Che nel 2014 ci sian ancora dei film marginalizzano, usano come insulto, scherzano o spiegano con  le omosessualità è qualcosa di irricevibile.
Di questi film possiamo e dobbiamo farne a meno. SEMPRE

 

C come Casellario

Ai Festival, se sei accreditato come Stampa, ricevi moltissimo materiale, quello più importate è il pressbook del film cioè l’opuscolo, una volta curatissimo oggi no, coi dati del film per la stampa.
Ai festival esiste un casellario, il luogo fisico dove ogni giornalista ha una casella numerata (la mia è la 221)  dove riceve tutti materiali prodotti dagli uffici stampa.
Al festival Internazionale del Film di Roma però non ti danno la casella di default.
La devi chiedere.
Per poi scoprire che di materiale nella casella tua, che non sei Mr. Journalist ma un giornalista qualsiasi,    e lo rivendichi con orgoglio, di materiale non ce n’è perché a stampare 221 copie di un pressbook  non ce la si fa…

Ma allora che la danno a fare la casella se poi non vene rifornita? In realtà non me l’hanno data, l’ho chiesta io…

Sul sito trovi molti materiali spesso le foto ma non tutti i pressbook che trovi dopo una breve ricerchina sulla rete.
Basterebbe fare copia incolla e mettere il logo del festival… magari curando meglio le traduzioni dall’inglese altrimenti leggi professioni inesistenti come letturista oppure “a fianco” diventare affianco… (nel pressbook di Die Lugen Del Sieger…)

Il casellario… che lo chiedi a fare?

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(21 ottobre 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©alessandro paesano 2014
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