Matteo 19 14, di Giovanni Franci #Vistipervoi il nuovo allestimento

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Fabio Vascodi Alessandro Paesano  twitter@ale_paesano

Di Matteo 19 14 di Giovanni Franci avevamo già avuto modo di parlare al suo debutto romano, nel dicembre dello scorso anno, al Cometa Off.

Il testo, splendidamente scritto, racconta di un amore adolescenziale nato in un un collegio cattolico e finito male per ingerenze adulte. Il racconto è sviluppato tra un presente drammatico che vede Luca, l’amato bene del protagonista Matteo, in un ospedale psichiatrico, e un passato evocato da Matteo per cercare di far tornare la memoria a Luca che sembra non riconoscerlo.

La regia maldestra di quell’allestimento aveva reso farraginoso questo meccanismo narrativo di per sé chiaro e efficace, tanto da indurre Franci a rimettere mano al testo e trarne un monologo presentato al teatro Manhattan nel quale Matteo, ormai adulto ma ancora sorprendentemente bambino, racconta le sue vicissitudini direttamente al pubblico mentre Luca, che non appare mai in scena e non finisce in manicomio, è presente solamente nei ricordi vivi di Matteo.

In questo nuovo allestimento Matteo racconta con candore e pudore della sua vita orfana che lo ha visto crescere fino ai sei anni con la zia cattolica, e dopo, fare esperienza di vita in un collegio cattolico nel quale aleggia una repressione il cui orrore riecheggia feroce anche solo nei timidi cenni di Matteo che evoca un portato emotivo ben più grave di quello che apertamente dice.

L’innamoramento con Luca, il loro dormire insieme ancora in maniera non sessuale, si scontra con la gelosia possessiva del padre superiore del collegio al quale un Matteo ancora mai amato si era benevolmente concesso ai baci che sapevano di alcol mentre ora che per la prima volta ama, Matteo mal sopporta le attenzioni dell’uomo.

Attraverso la storia di Matteo, Giovanni Franci mostra al pubblico la repressione sessuale che attanaglia e offende tutti i personaggi della piéce, a cominciare dalla zia del ragazzo che prima si illude di essere madre crescendo il figlio della sorella dai facili costumi, e poi, quando l’amore arriva inaspettato, mette il figlio della colpa in un collegio.
La sessualità repressa è anche quella di Padre Vincenzo il quale prima di sedurre si lascia sedurre da Matteo con esitazione, sensi di colpa e nessuna capacità di resistenza.Matteo 19 14

Mentre alla sessualità agita con disinvoltura dal giovanissimo Pietro che pratica del sesso orale a tutti i ragazzi del collegio promettendo divertimento e piacere, fa da contraltare l’intimità amorosa di Matteo e Luca, una intimità che pur inducendoli a dormire insieme, non è incentrata ancora su un sesso agito. Quando padre Vincenzo, scoperto l’affetto tra i due ragazzi, cerca di ingelosire Luca facendogli intendere che lui con Matteo ha già fatto le cose che ora Luca, insinua il religioso, fa con lui, Luca, smarrito, non comprende.

Senza fare sconti a nessuno dei suoi personaggi, ma senza condannare alcuna pulsione amorosa omofila Franci in questo racconto inchioda ognuno alle sue responsabilità a cominciare da quelle di Padre Vincenzo che approfitta del desiderio di affetto del giovanissimo Matteo senza scrupolo alcuno.

In un contesto di sessualità agita con la leggerezza innocente del’infanzia o con la leggerezza irresponsabile degli adulti l’amore tra Luca e Matteo nasce non perché in un collegio di soli maschi l’omosessualità sia in qualche modo indotta per l’assenza dell’altro sesso.

Al contrario sboccia come un fiore nel cemento, anche in un contesto di repressione, perché l’amore radicato in un desiderio carnale non ancora consumato è un sentimento potente e legittimo, anche tra ragazzi giovanissimi.

Fabio Vasco (nella foto in alto, dal suo sito ufficiale) sorprende per la sua capacità di restituire con credibilità la naiveté bambina di Matteo e, al contempo, la sua dolorosa condizione di giovane uomo al quale è stato sottratto l’amato bene, quel Luca che Matteo cerca con pervicacia, spogliatosi degli abiti dei quali era vestito quando, a inizio piéce, ha accolto il pubblico che si accomoda in sala, seduto di spalle su di un tavolo, la felpa col cappuccio rialzato sulla testa.

Una nudità concreta ed effettiva che Vasco indossa magnificamente come uno splendido costume a testimoniare la fisicità della carne di un desiderio amoroso, la verità di un amore sessuato, restituendo concretamente il disvelamento dell’amore e del dolore dove la spogliazione è anche quella di un habitus sociale che è lo stesso che vieta al’infanzia la possibilità di desiderio, sicuramente diverso da quello dell’età adulta, ma innegabilmente presente.

Nel concludere la piéce facendo riprendere a Matteo la stessa posa dell’inizio la regia di Franci ci suggerisce che Matteo era nudo già allora, una nudità per vedere la quale il pubblico aveva evidentemente bisogno di ascoltare la sua storia.

Franci continua così a regalarci dei personaggi che nonostante le avversità mantengono alta la dignità della persona, di un essere umano vilipeso e represso da circostanze esterne, che se ama continua nonostante tutto ad amare, per sempre.

Proprio come si fa con il teatro di Franci che, se si ha la fortuna di incontrare, lo si ama e lo si frequenta, per sempre.

Al Teatro Manhattan di Roma fino a domenica 30 novembre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(29 novembre 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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