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HomeNotizieL'ARTE VISTA DA EMILIO CAMPANELLAForlì, dieci anni a San Domenico

Forlì, dieci anni a San Domenico

Forlì Chiostri di San Domenicodi Emilio Campanella

Dal 2005 i Musei di San Domenico di Forlì scandiscono un appuntamento espositivo che parte dal pieno inverno per arrivare alla primavera inoltrata. Da dieci anni, iniziando con PALMEZZANO per arrivare ad oggi essendosi ritagliati uno spazio importante negli appuntamenti del carnet degli appassionati d’arte. Lo scorso 31 gennaio è stata presentata la nuova avventura che si potrà visitare sino al 14 giugno prossimo.

Al centro dell’esposizione un notissimo e controverso pittore ferrarese, dalle alterne fortune critiche e dall’enorme successo durante la lunga carriera: GIOVANNI BOLDINI, e Lo Spettacolo della Modernità che è il sottotitolo della mostra curata con la consueta precisione ed attenzione da Fernando Mazzocca insieme con Francesca Dini. Il percorso è, al solito, ampio e diviso in “capitoli” precisamente scanditi fra la consueta sorta di approfondita introduzione del piano terra ed il percorso cronologico del primo piano, ma anche là con sezioni “speciali” su cui mi soffermerò. Il ferrarese fu uno dei divi della Parigi Belle Epoque e ne fu uno degli illustratori. Presente nei luoghi mondani “à la page”, conobbe tutte le personalità di spicco, ne ritrasse la maggior parte inframmezzando le sedute di lavoro con gli impegni della “saison”, o dovrei scrivere “season” com’era la moda anglomane di cui fu eroica sostenitrice Madame Swann, come ce la descrive Marcel Proust nella prima parte di A L’OMBRE DES JEUNES FILLES EN FLEUR. Qui la ritroviamo in molti possibili ritratti, e nelle grandi bellissime foto  del corridoio del piano terra. Ma troviamo anche il BARONE CHARLUS, cui ispiratore fu il Conte Robert de Montesquiou, presente nelle caricature di Sem ( Georges Goursat, cui è dedicata una sala) ed in una magnifica puntasecca di Paul César Helleau, dedicatario anche lui di una sezione, in quella parte iniziale dell’esposizione  che ospita anche un’ampia scelta di disegni ed incisioni dello stesso Boldini.

Di lui anche una serie magnifica di acquerelli…certo un artista dotatissimo e che tramutava in oro tutto ciò che ritraeva, ma non solo nel senso economico, ma soprattutto della preziosità esecutiva e del risultato sontuoso…troppo? Troppo abile? Troppo bravo? Gli è stato imputato molto spesso…a torto? A ragione? Ora siamo in un momento, già da tempo, per fortuna. di rivalutazione. Quest’occasione ne è un’ulteriore conferma critica,  con delle scelte stimolanti ed ardite. A questo proposito si ripercorrono anche e si ridiscutono giudizi molto critici come quello di Ardengo Soffici, mentre invece una personalità come Gertrude Stein lo stimava moltissimo.

La rivalutazione si iniziò con la mostra del 1963 al Museo Jacquemart André di Parigi, e con le osservazioni di Carlo Ludovico Ragghianti. Come si può comprendere il lavoro espositivo è costruito su tutta una serie di informazioni e concetti: la società del tempo, la musica, la letteratura, l’ambiente dei pittori con cui era in contatto, gli avvenimenti esterni, come ad esempio l’Esposizione Universale del 1889. Altra mostra che fu di riferimento, quella del 2005 a Padova, a Palazzo Zabarella, curata dagli stessi studiosi. Al piano superiore l’analisi cronologica delle opere, partendo dalle influenza dei pittori della macchia, l’ambiente fiorentino; dopo un breve soggiorno londinese, successivamente l’avventura parigina che divenne definitivamente il suo ambiente, la vicinanza con Degas e Manet, e non certo con l’Impressionismo da cui fu sempre distante, come lo fu, successivamente dal futurismo, pur, forse prefigurandolo a modo suo.

La Maison Goupil si accorse di lui e lo “assunse” fra gli artisti della “scuderia” Tutte queste notazioni precise, puntualizzate e confermate dalla presenza di opere importantissime. A metà percorso una vetrina dedicata a Donna Franca Florio con il discusso ritratto del 1901(1924) ed un abito da sera a lei appartenuto del 1901 (da Palazzo Pitti). Un lungo corridoio di ritratti di “divine” accanto ad interessantissime sculture di Paolo Troubetzskoy (anche qui “Charlus”!); oltre a queste, opere di Adriano Cecioni In sottofinale: GLI ITALIANI DI PARIGI, “piccola” mostra nella mostra con ampie scelte di opere di Zandomeneghi, Serafino De Tivoli, Corcos, De Nittis. A conclusione i provocatori, ma molto stimolanti raffronti fra Boldini e Goya e Van Dyck per iniziare quello che potrà essere sviluppato come argomento di riflessione intorno agli aguardi dell’artista nei confronti della pittura del passato.L’ottimo catalogo, dal prezzo particolarmente contenuto, è pubblicato da Silvana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(2 febbraio 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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