#Vistipervoi 12 baci sulla bocca, uno spettacolo rinunciatario

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12 baci sulla bocca locandina di Alessandro Paesano  Twitter@Ale_Paesano

L’orizzonte narrativo di 12 baci sulla bocca, andato in scena al teatro dell’orologio da 5 all’8 marzo, è compreso fra le coordinate storiche della strage di piazza della Loggia a Brescia e l’assassinio di Pier Paolo Pasolini.
Nell’arco di quei 18 mesi si dipana la storia d’amore tra Massimo, fratello minore di un boss napoletano candidato nelle fila dell’MSI, ed Emilio, garzone lavapiatti.

A questa cornice storica, troppo approssimata per riuscire davvero a dire qualcosa al pubblico mediamente informato di oggi, corrisponde un occhio sociologico miope e svogliato che non sa davvero cogliere quegli anni 70 così importanti per il movimento omosessuale né farsi strumento per capire, se non quegli anni, almeno il nostro presente.   Complice una drammaturgia inesistente che dipana dialoghi adolescenziali (ma i due ragazzi innamorati sono uomini e non teenager) accontentandosi di mostrare un innamoramento basato sul fatto che ad entrambi i protagonisti piacciono gli uomini invece di spiegarci, almeno un poco, perché fra tanti uomini Massimo ed Emilio si siano scelti.12 baci sulla bocca 3 ddd

La logica narrativa dello spettacolo sembra suggerire che, in un’epoca di clandestinità (Massimo si sta per sposare…) è già tanto riuscire a fare sesso con qualcuno come te da non potere aspirare a vivere vivere una vita insieme in barba alle tante persone che lo hanno fatto.
Non si capisce infatti il perché se è davvero più emancipato di Massimo (come la regia sembra indicare tramite un ballo discotecaro sulle musiche dei Doobie Bros.) Emilio si accontenti della relazione clandestina con lui che non solo non farà mai coming out ma si sta sposando.
Quest’orizzonte della rassegnazione sembra scaturire più da un pregiudizio di Mario Gelardi, autore del testo, che vede le figure omosessuali naturalmente rinunciatarie (ed Emilio chiama se stesso diverso) piuttosto che da un intento di denuncia: lo stigma sociale che costringe Massimo a nascondersi è mostrato esclusivamente nell’alveo privato della sua famiglia (con connotazioni politiche fasciste irrilevanti visto che i comunisti sono altrettanto omofobi) mentre non viene minimamente mostrato il ludibrio pubblico, né quello di uno Stato italiano che, all’epoca, curava l’omosessualità con l’elettroshock, in un ammanco di diritti ben più pericoloso.
Questa assenza della sfera pubblica a favore di un privato asfittico e fascista è l’aspetto più fastidioso di uno spettacolo che, pur attestando l’omofobia di qualunque orientamento politico, insiste inutilmente sulle prove del comizio missino del boss in un sociologismo antifascista pretestuoso e maldestro.

12 baci sulla bocca 2 dddLa messinscena cerca di sopperire alle debolezze del testo riuscendoci solamente quando vi si sostituisce, come nella scena di controseduzione dei due innamorati, dopo che un primo approccio, un bacio sulla bocca, provoca in Massimo una reazione violenta alla quale l’emancipato Emilio reagisce senza difendersi: quando i due decidono di fare sesso la seduzione prende la forma dei passi di una danza rituale nella quale Simone ed Emilio si precipitano l’uno verso l’altro, petto contro petto, senza mai sfiorarsi, schizzando all’indietro un secondo prima di toccarsi, mentre i vestiti cadono e rimangono entrambi completamente nudi.

Uno dei pochi guizzi di una regia che altrimenti gioca troppo con le sedie, la cui dislocazione continua in varie parti del palco sembra più servire a far fare qualcosa ai tre personaggi che a dare davvero consistenza all’allestimento.
I tre totem di metallo che rappresentano le postazioni  quasi da via crucis (una bella intuizione poco sviluppata) dei tre personaggi, dalle quali partono e alle quali tornano, costituiscono gli elementi più interessanti di una messinscena altrimenti modesta per niente ispirata da un testo che non sa davvero emanciparsi dalle sabbie mobili di un meccanismo narrativo trito (il gay nell’armadio che si sposa nonostante tutto) e, in fin dei conti, offensivo.

12 baci sulla bocca 4 dddIn 12 baci sulla bocca l’impossibilità dell’amore tra uomini costituisce – ancora! – l’unica cifra esistenziale dei personaggi omosessuali senza mai vibrare dell’afflato di una denuncia che si infrange negli scogli di una realtà molto distante da quella abbozzata nello spettacolo.
Emilio e Massimo sono due personaggi superati, vecchi e sbagliati, perché non appartengono né a quegli anni (dove, per esempio, il libertinaggio sessuale di allora nel testo è sublimato in un amore adolescenziale fatto di baci) né, tanto meno, al al nostro presente.

Il masochismo di un finale inevitabile tradisce la vocazione al martirio di uno spettacolo al servizio del vittimismo e poco a quello della lotta.

E il pubblico esce dalla sala commosso e più buono.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(9 marzo 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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