di Gianfranco Maccaferri twitter@gfm1803
La serata di inaugurazione del Torino Gay & Lesbian Film Festival 2015 è avvenuta in modo quasi famigliare (l’idea era di essere tra amici) pur mantenendo la necessaria e sobria ufficialità.
Una bella serata tra ospiti di prestigio e rappresentanze istituzionali: Irene Grandi ha cantato come non te l’aspetti (un vero momento magico), il Sindaco Fassino ha detto quello che doveva dire (mi ha dato l’idea che lui ha vissuto e vive in un mondo che, perlomeno, non è quello dove vivo e ho vissuto io), l’Assessora regionale alla cultura sembrava Renzi versione donna (quella del fare, del concreto, del nuovo approccio politico e non delle apparenze… non conosco il suo operato ma il fatto che la Regione Piemonte sia nuovamente tra i patrocinanti del Festival, comunque le va a merito), l’attrice Carolina Crescentini (oltre che essere simpatica si è resa disponibile a leggere racconti brevi sul cinema) e il regista Mark Christopher (che aveva diretto 17 anni fa “Studio 54”, oggi proposto con il titolo “54: The Director’s Cut”).
Giovanni Minerba, a suo agio tra gli ospiti ha emanato gioia, commozione e speranza. Ha detto cose serie in modo leggero. È stato un perfetto ed elegante padrone di casa in una serata di festa per un compleanno speciale: i trent’anni del Festival.
Importante è stato il momento destinato a ricordare Ottavio Mario Mai, un uomo che ha segnato la cultura LGBT italiana, fondatore del Festival insieme a Giovanni Minerba, finalmente una strada di Torino a lui dedicata.
Quando sono state presentate le giurie per le varie sezioni dei concorsi, sinceramente qualche perplessità è sorta: per i premi “Queer” e “Cortometraggi” un enorme spazio è stato dato agli studenti di accademie, ovviamente coordinati da un professionista del cinema, ma pur sempre studenti… tipo Giffoni film Festival. Personalmente preferisco giurie che abbiano la capacità e la cultura per “collocare” correttamente un lavoro cinematografico. Per i giovani e gli studenti si poteva riservare uno spazio di giudizio distinto, che avrebbe avuto un valore importante proprio per le specifiche di tendenza che avrebbe potuto esprimere.
Nella presentazione non si è accennato al lavoro di selezione fatto sui film proposti, nessuno si è addentrato sulla produzione cinematografica attuale, sulla ricchezza o povertà delle proposte giunte in questo anno alla direzione del Festival. Forse un momento di riflessione sulle capacità attuali di produrre cinematograficamente prodotti di pregio sarebbe stato opportuno per dare spessore culturale a questo anniversario così importante.
All’inizio dell’inaugurazione è stato proiettato un video in cui vengono citati i grandi nomi che il festival ha proposto in questi trent’anni.
Nella sua storia il Festival ha ospitato tanto, quasi tutto ciò che è stato prodotto nel mondo a tematica LGBT.
Poi sul palco sono stati citati numeri importanti… ma numeri. La solidità di un Festival non è rappresentata solo dai numeri, ma dai contenuti proposti e così ho iniziato a pensare sul perché, proprio per questa inaugurazione e compleanno, la scelta sia ricaduta sul film “54: The Director’s Cut”.
Non casualmente, mentre riflettevo su questo aspetto, sul palco c’era proprio il regista del film, Mark Christopher, che disquisiva su banalità, rancori, eroismi, soddisfazioni…
Il mio ragionamento è stato: nel 1998 un giovane regista, alla sua prima esperienza di lungometraggio, scrive e dirige un film su un soggetto che contiene tutto ciò che all’epoca era deprecabile moralmente e cioè lo “studio 54”; a questo “signor nessuno” gli vengono affidati milioni di dollari per la produzione, ma la distribuzione è affidata Miramax (di proprietà della Disney) che pretende, aggiungendo altri milioni di dollari, che vengano cambiate alcune scene. L’allora giovane regista è così costretto (dice lui) ad accettare e rifà scene e montaggio.
Scusate, ma non vi sembra che sia come se un giovane regista italiano volesse fare un cortometraggio su una coppia gay “aperta”, anzi sfondata… e il suo produttore chiedesse alla Barilla (senza mostrare la sceneggiatura puntuale) di sponsorizzare il lavoro. Poi, il giovane regista, si scandalizza se l’ufficio comunicazione della Barilla pretende la sostituzione e il rifacimento del trenta per cento del cortometraggio con scene di ravvedimento di uno dei protagonisti verso l’eterosessualità. Così terminato il cortometraggio, con i soldi della Barilla, ha l’opportunità di essere proposto in tutto il mondo. Dopo alcuni anni, il regista non più giovane, propone il cortometraggio originale accusando di censura e perbenismo morale la Barilla.
Ma io mi fido della direzione del Torino Gay & Lesbian Film Festival e così attendo la proiezione del film “54: The Director’s Cut”, rimontato sostituendo le scene volute da Disney con quelle originariamente prodotte da Mark Christopher.
(30 aprile 2015)
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