di Alessandro Paesano twitter@Ale_Paesano
Crystal Moselle incontra per caso i sei fratelli Angulo, di madre statunitense e padre sudamericano, in una delle prime loro uscite nel Lower East Side di Manhattan, New York.
I sei ragazzi, tutti tra i 23 e i 16 anni, sono cresciuti in una famiglia isolazionista, che li ha tenuti in casa educandoli alla diffidenza del mondo esterno; anche la scuola è sostituita dall’insegnamento privato della madre, in casa, che ha ottenuto un regolare permesso.
Segregati, ma consenzienti i sei fratelli sono cresciuti con la passione i film (da Pulp Fiction a JFK) che costituiscono l’unica occasione per conoscere il mondo esterno e che i sei fratelli si divertono a reinterpretare, recitandone i dialoghi e reinterpretandone sequenze in casa, dopo averle imparate a memoria.
L’incontro tra i fratelli Angulo e Crystal Moselle segna così un doppio cambiamento, quello delle loro vite, ora che, sottrattisi alle pressioni familiari, si aggirano per il mondo esterno, e quello della presa di coscienza delle loro particolari condizioni di crescita ora che possono confrontarsi con altre esistenze.
La videocamera di Crystal, la prima persona invitata nel loro appartamento, alla quale i sei fratelli si raccontano, restituisce i cambiamenti nei sei ragazzi dal modo col quale si rapportano con la videocamera e con Crystal, alla percezione che hanno di se stessi e delle loro vite. Anche l’aspetto fisico cambia sensibilmente, all’inizio tutti molto simili l’uno all’altro nel modo di vestire e nell’acconciatura, hanno tutti chiome fluenti fino al sedere, cui lentamente cede il posto una individualità che sa esternarsi anche nell’aspetto fisico (solamente uno di loro mantiene i capelli lunghi, che gli altri tagliano).
Sullo sfondo le vite della madre (che alla fine del film risente la sua propria madre, la nonna dei sei fratelli, che non sentiva da 50 anni), e del padre, alcolista, violento (nel racconto dei figli) artefice del sistema di segregazione in cui ha cresciuto i figli (che non avevano nemmeno il permesso di circolare liberamente nell’appartamento, ognuno assegnato in una determinata stanza).
Senza cercare giudizio alcuno The Wolfpack si preoccupa piuttosto di raccontare una storia incredibile di autodeterminazione, mostrando i percorsi personali, individuali e in condivisione dei sei fratelli. Un docufilm che narra anche il percorso di crescita di questi sei giovani ragazzi la cui proprietà di linguaggio, la capacità di analisi e di autoanalisi sono profonde nonostante siano vissuti tagliati fuori dal mondo: non avendo modo di confrontarsi con gli altri stavo tutto il tempo nel profondo della mia mente, come spiega uno dei fratelli…
Il film è girato in una arco di tempo considerevolmente lungo ma questo lasso di tempo non è mai esplicitato nel racconto, ci accorgiamo del passare del tempo esclusivamente da dettagli secondari come la lunghezza dei capelli della madre, prima a spazzola poi, improvvisamente, lunghi fino alle spalle…
Questa reticenza contribuisce a una sotterranea ambiguità di un film che ha più la statura di una fiction che di un documentario perché è più interessato a raccontare una storia che a documentare un percorso di liberazione senza sottolineare mai veramente che, a tutti gli effetti, si tratta anche di una storia di abuso, di una violazione dei diritti umani (i sei figli e la loro madre non avevano a disposizione le chiavi di casa, tenute esclusivamente dal padre/padrone) anche se nel racconto dei ragazzi si evince che la polizia e i servizi sociali si sono interessati di loro (in seguito alla prima uscita clandestina di uno dei ragazzi, quando è cominciato tutto, anche l’incontro fortuito con la regista).
Manca a Crystal Moselle l’occhio sociologico, psicologico e antropologico per farlo, ma la giovane regista ha la stoffa della narratrice e The Wolfpack, presentato fuori concorso ad Alice nella città, non passa inosservato.
Un film che è uno splendido esempio di cinema come macchina narrativa, quella che ha permesso ai sei fratelli Angulo di sopravvivere alla loro reclusione (5000 i film visti a loro detta) per surrogare una vita esterna che mancava, e quella che gli Angulo accolgono in casa, che fa della loro auto emancipazione un racconto che dice e tace, che mostra e nasconde (la piccola sorella Angulo della quale il film non si occupa mai veramente…), con una ambiguità di fondo che è anche il suo più grande fascino.
(17 ottobre 2015)
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