di Alessandro Paesano twitter@Ale_Paesano
Une enfance (Francia, 2015) di Philippe Claudel racconta dell’estate di Jimmy, ancora in quinta elementare, ma è stato bocciato due volte, e di suo il fratellino Kevin.
Insieme i due vanno a scuola, fanno i compiti, fanno la spesa, barcamenandosi in un ménage familiare che vede la madre, uscita dal carcere , e il compagno di lei, ricevere amici e amiche (tra le quali anche una coppia lesbica), bere, drogarsi e discutere nei termini qualunquistici della destra francese di immigrazione e lavoro.
Jimmy vorrebbe vivere con la nonna materna, ma la donna non può.
Tra espedienti per tirare su qualche euro,le reprimende del maestro che lo vuole aiutare (ma poi denigra il sogno di un compagno di classe che vuole fare l’astrofisico, dicendogli che è un mestiere difficile, che ci vogliono tanti anni di studio), la visita timida in casa di una compagna di classe di famiglia “su” l’estate di Jimmy passa solitaria (Kevin è andato in vacanza con la nonna) finché un giorno rientrando a casa trova la madre e il compagno della donna agonizzanti per overdose, l’uomo con la siringa ancora nella vena.
Jimmy prende la siringa della madre ancora nella sua mano e la brandisce contro l’uomo che, dopo un’ellissi provvidenziale, vediamo morto.
Philippe Claudel sa girare sa dirigere e sa cogliere dettagli dei paesaggi, degli interni e dei personaggi che inventa (sua anche la sceneggiatura) ma il racconto e la denuncia che intesse di questa infanzia violata e maltrattata, che in qualche modo si difende con quel gesto criminale suggerito presentato come liberatorio rimane immorale e ci pare vada a parare verso un patriarcato di vendetta asfittico quanto le considerazioni dell’uomo ucciso per mano di Jimmy forse per mano propria.
Un film fatto per consolare la borghesia mostrando un sottoproletariato talmente ferino (il compagno della madre picchia Jimmy un paio di volte, incita la madre a prostituirsi, etc) da renderlo disgustosamente classista, al di là dei suoi pregi artistici.
(20 ottobre 2015)
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