Bo Summer’s ft Fabio Galli, Minime Anime

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di Bo Summer’s  twitter@fabiogalli61

 

Bo Summer's 02 Pigotte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In alcuni miei post precedenti nominavo un vecchio testo di Fabio Galli: Minime Anime. Qualcuno mi ha chiesto di poterlo leggere, quel testo. Pochi, invero, ma si sa che a me basta così.

La stesura originale apparve, per diretto interessamento di Ubaldo Giacomucci, nella rivista Tracce, trimestrale di scrittura multimediale, anno V, Luglio/Agosto 1986. qui se ne presenta una versione con non poche variazioni perché il tempo è passato ed è giusto così. Ringrazio per l’ospitalità la rivista online gaiaitalia.com che, da anni, ha la costanza di ospitare testi come questo.

Buona lettura:

 

 

 

 

Che rovesciato s’ascoltasse il di fuori! Come se fosse fatto viso, violento. Ma poiché c’è, questa tua faccia, su cui venire, fino in fondo, così, in duplice enunciata orgasmica quasi a rivivere in un’ondulazione di spasmi. Tu dici. La fine dei tre giorni insieme. Diverso. Meno presente. Col membro che si solleva da solo.

È un gesto, ormai, leggere i tuoi occhi. Noi eravamo, e si vede che è così, qui, alle stoffe, per colmare ciò che non è stato. E dell’aria sussiste.

Qualcosa, i frammenti di sbieco, discosti da un riflesso.

È difficile, adesso, risalire. Quasi agitata, la mente. Era senza questo presente, lo scorrere del tempo che torna da uno scambio, s’interrompe. S’era interrotto. Ma ripiegava ogni volta e ogni volta una registrazione, non proprio ogni volta, c’era.

Non più precisi di così, ero io, restavo. Perché vengono. Questo è accumularsi, dilatarsi, mentre l’insieme di tutte le cose non vien detto qui. Trovo, oggi, sull’orlo coricato.

Voi, in piedi, di fianco, dentro l’operazione. E non io in quel numero. La torsione era dunque l’eco.

Istantaneamente profondità o meglio: la carne, quel salto che risponde quale era scritto. Come se il muro, là, non altro colore potesse ricevere, per cui: il sudore.

Così, il punto e gli occhi, una forma che copre e allora sorge la testa. Questo richiamo, la bocca di qualcuno al seme, l’episodio che non avrebbe reso il rosso, il cielo riflesso, strappato nel quadro, terroso, dalla parte giusta che è poi la stessa che indicano tutti.

Al momento, in questo recesso, che è un momento di noi, gridando alla gola, venivamo.

S’apriva, così, a darci, in rilievo remoto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(10 dicembre 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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