Bo Summer’s, dopo un viaggio: la Pagina dello Zio Bo

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Binario 00di Bo Summer’s  twitter@fabiogalli61

 

 

 

 

 

 

 

 

Eccomi di ritorno a casa dopo un viaggio, per non essermi letale, dove ho ritrovato il senso dell’intorpidimento delle mie gambe e il senso di vertigine fra stand di libri usati, quel bisogno brusco e pazzo di sonno, quella improvvisa perdita delle forze fisiche e la spossatezza con la sensazione di vasto dolore, e dimenticanza, non sogno, di abbruttimento istantaneo.

Se soltanto si potesse assaporare il proprio nulla, e questo nulla non fosse una sorte d’essere, ma non fosse del tutto la morte.

È durissimo non esistere più, non essere più in qualcosa. Da anni. Che paiono secoli.

Il vero dolore consite nel sentire il proprio pensiero spostarsi dentro di sé. Ma il pensiero, come un’ombra, non è certo una sofferenza.

No, in ogni estirpamento corporeo, ogni diminuzione dell’attività fisica, il luogo da cui più si torna indietro, questo fastidio che si percepisce impercepito che si ha sentendosi dipendere nel proprio corpo autorale inesistente, e questo stesso corpo autorale carico di marmo e disteso su un legno scadente o su dell’acqua immobile.

Non uguagliamo la pena che si ha sapendosi privati dalla scienza fisica del pensiero e dal senso del proprio equilibrio interno.

Ora dovrò comprare scaffali su scaffali. In ferro. Li avrei voluti in legno. Come le bare. Dovrò metterci i libri che raccolgo da una vita. Li venderò. A uno a uno. Per vivere. Devo farlo. Non ho altro. E non l’avrei mai pensato. E nemmeno so se ci vivrò.

Mi trovo al punto di non essere più a contatto con la vita ma con tutti gli appetiti dentro di me e la titillazione insistente dell’essere scrivente.

Mi resta una sola occupazione: rifarmi.

(15 aprile 2016)

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