Enrico Maria Carraro Moda, il regista che vive il teatro senza aspettarsi nulla in cambio

Altra Cultura

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di Giuseppe Sciarra

Enrico Maria Carraro Moda è un regista di Civitavecchia che si è distinto nel corso degli anni per una serie di spettacoli irriverenti, trasgressivi e fortemente audaci nella messa in scena, in cui teatro d’avanguardia, teatro dell’assurdo e dissacrazione della cultura pop convivono in pièce in cui il dolore e gli orrori della società contemporanea vengono riletti in chiave quasi giocosa, come se a portarli in scena fossero degli adulti bambini. Abbiamo parlato con Enrico dei suoi ultimi progetti e come al solito ci ha spiazzato.

Hai partecipato lo scorso novembre ad un concorso teatrale, “Fantasio: Festival internazionale di regia teatrale”, in cui otto registi di tutta Italia hanno portato, un lavoro di quindici minuti attinente a una poesia di Pier Paolo Pasolini “Alla mia nazione”. Tu hai incentrato il tuo spettacolo sul trionfo sportivo che c’è stato da parte del nostro paese nel mondo in netta contrapposizione col senso dell’opera di Pasolini. Come ti sei rapportato con il grande poeta friulano? E come è stata accolta questa tua chiave di interpretazione della poesia?
Penso che trattare la poesia, “Alla mia nazione” in maniera canonica cercando di trovare similitudini e punti di contatto con le parole di Pasolini sia un’operazione che non mi appartenga per questo ho cercato questa chiave di lettura alternativa. La giuria non è stata così esplicativa rispetto a chi non si è aggiudicato “premi” ma dato che è accaduto questo magari non è stato l’approccio più corretto da seguire secondo il loro metro di giudizio, ma io sono così, se mi approccio a un artista, lo faccio con rispetto ma devo metterlo e mettermi in discussione. Solo da questa tensione posso fare qualcosa che mi soddisfi pienamente e capire fino a che punto posso spingermi e appagare la mia fame di conoscenza della vita attraverso il teatro.

Un verso della poesia di Pasolini dice, ” Affoga in questo tuo bel mar”. Questo verso ti ha spinto a inserire nella pièce una controversa telefonata del comandante Francesco Schettino coinvolto nei tragici avvenimenti della nave concordia. Quanto influenza la cronaca il tuo teatro?
Ultimamente la cronaca è più presente nei miei spettacoli, sarà che voglio raccontare qualcosa di più vero e meno “campato in aria”; il tutto sempre mettendo una chiave di lettura personale che possa far comprendere allo spettatore il punto di vista dominante di chi porta avanti il lavoro scenico.

foto: Antonella De Angelis

In una tua pièce “Il vampa” parli del mostro di Firenze facendo recitare Pacciani a una donna. Nel comunicato stampa c’è scritto, “per restituire la finta dolcezza che Il Pacciani spesso utilizza”. Una chiave quanto meno insolita di vedere il mostro di Firenze. Puoi parlarcene meglio? Non temi di essere frainteso e di essere accusato di misoginia?
Ah sì? Nel comunicato c’è scritto “finta dolcezza”? Magari era meglio scrivere solo dolcezza… ma sai poi saremmo stati accusati di altro. Quindi sì delle volte devo edulcorare il mio pensiero e questo comunicato ne è la prova provata. Detto questo, la creazione di quel “lavoro scenico” vorrebbe creare “ruoli fissi” che poi in realtà vengono alle volte stravolti, quindi Larissa Cicetti, l’attrice che ha ben interpretato questo ruolo, non si trova a personificare solo ” Il vampa” ma vi fornisce una carrellata di testimonianze alle volte anche di sesso femminile. Ricapitolando togliamo al comunicato la parola finta, consideriamo che l’attrice non interpreta solo “Il Vampa” e sicuramente non parliamo di misoginia, oppure se ci piace parliamone. Bene o male purché se ne parli, no?

Ho assistito a molte tue pièce, ricordo che in una in cui ho anche recitato “Giardino”, una parte del pubblico era furente contro di te, si sentivano presi in giro, addirittura un mia amica attrice disse che il tuo non era teatro, invece altri, tra cui il sottoscritto, hanno invece osannato quel tuo rifacimento di “L’amore di Fedra” di Sarah Kane. Il tuo teatro può mettere a dura prova la pazienza di un pubblico classico. Quanto tutto ciò è voluto? Ti piace che il pubblico oltre ad amare le tue opere le odi anche?
Pensa non sapevo che domanda mi avresti fatto dopo ed era proprio quello di cui ho parlato alla fine della domanda precedente. Sì sei stato un mio interprete e non te la sei cavata neanche male in quel ruolo. Tornando a noi, da quel lavoro sono cresciuto sia anagraficamente che scenicamente. Ora, come ho accennato nella prima domanda, sono più vicino a quello che il pubblico può pensare vedendo un mio “lavoro”. Ovviamente io sono il mio primo spettatore ma comunque sono sempre io che giudico il mio prodotto quindi alle volte di sicuro dovrei aggiustare il tiro per mettermi più dentro la testa di uno spettatore “medio” e vedere il prodotto con i suoi occhi. Diciamo che sono meno menefreghista, ma resto sempre io. Che piaccia o no.

Non hai mai strizzato l’occhio alle mode facendo con il tuo teatro ciò che ti pareva. Il teatro di Enrico Maria Carraro Moda può essere visto come pura anarchia in barba al pubblico e alle regole?
Oddio, questa domanda mi spiazza un pochino. Non lo so, cioè le regole non mi sono mai piaciute. Pura anarchia diciamo proprio di no, dai. Possiamo dire che le regole del teatro per me sono molto ampie, non ci deve essere quella che tutti chiamano “magia” o immedesimazione o altre scemenze. C’è uno spazio da riempire, c’è qualcosa da dire, ci sono persone preposte a dire questo qualcosa, c’è un impianto audio che può aiutare a raccontare e ci sono dei fari che ognuno adopera come vuole. Queste le mie regole. Basta così.

Come giudichi la situazione teatrale attuale? Chi sono i registi teatrali che stimi di più?
Non posso andare a teatro, purtroppo. Posso vedere chi ha delle tournée attive, sempre i soliti noti. Non entro nel merito dei meriti che sicuramente avranno, pochi e ben nascosti, ma li hanno, dai! Apprezzavo, quando il teatro era un luogo di “arte” e non uno strumento politico. Uno dei registi che stimo di più è Pippo Del Bono. Si mette in discussione a ogni suo spettacolo ed è sempre sincero. Non è poco.

C’è chi dice che il livello di opere teatrale a Roma negli ultimi anni sia pessimo. Che ne pensi? E cosa ti auguri per il teatro romano?
Se parliamo di persone romane, sì non penso ci sia nulla di valore. Magari mi sono perso qualche romano, ma colpa mia, sono come si dice fuori dal giro. Per il teatro romano come per tutto il teatro non mi auguro un bel nulla. Dalla vita così come dal teatro non mi aspetto niente! Prendo tutti così come viene.

 

 

(4 febbraio 2022)

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