Sanremo 2022. Cattivissimi, ma anche buonissimi (e lunga vita a Drusilla Foer)

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di Ghita Gradita

La 72ª edizione del festival di San Remo si è conclusa con la vittoria scontata del duo Mahmood e Blanco con il brano “Brividi” che durante la settimana della kermesse si erano ritrovati primi in qualsiasi classifica, da Spotify a iTunes. Da ieri sono alla posizione numero uno anche nella classifica Fimi, l’unica chart attendibile per quanto riguarda le vendite di dischi in Italia. Nel corso della settimana sanremese hanno sin da subito fatto il record di visualizzazioni su Youtube anni luce superiore a tutti gli altri partecipanti (sono quasi a quota dieci milioni), le visualizzazioni degli altri cantanti si sono aggirate attorno a un milione circa. Il secondo posto è andato a Elisa con l’eterea e fiabesca “O forse sei tu” e il terzo a un ironico Gianni Morandi con la simpatica ma insapore “Apri tutte le porte” scritta da Lorenzo Cherubini premiata per giunta anche con il premio sala stampa Lucio Dalla. Il premio della critica Mia Martini è andato alla magnifica “Lettera di là dal mare” di Massimo Ranieri, a nostro avviso uno dei pezzi migliori di questo festival, il premio Sergio Bardotti al miglior testo a “Sei tu” del cantautore engagé fino all’ostentazione, Fabrizio Moro, mentre quello per il miglior arrangiamento, il premio Giancarlo Bigazzi, è andato a Elisa.

Detto ciò faremo a modo nostro e in maniera molto pungente un piccolo resoconto di questa edizione del festival citando ciò che ha attirato la nostra attenzione nel male (che è più divertente) e nel bene, tralasciando tutto quello che ci ha lasciato del tutto indifferenti, come ad esempio alcune vallette e certi ospiti di fiction più insapori della canzone di Gianni Morandi.

Cattivissimi con:

  • Ornella Muti: è il simbolo di un’Italia sorpassata, dove ha incarnato con la sua bellezza e quegli occhioni felini rubacuori una donna a cui non veniva chiesto altro che essere attraente, tutto il resto talento, bravura, spigliatezza, intelligenza potevano essere tranquillamente messi da parte – infatti nessuna sua interpretazione memorabile c’è pervenuta in cinquant’anni di carriera cinematografica. Fuori posto e impacciata sul palco, priva di alcun tipo di carisma e appeal sul pubblico, si vocifera che nel dietro le quinte abbia avuto dei modi di fare altezzosi da lei non sa chi sono io. Ma ci faccia il piacere! Non è una Loren, né una Lisi e una Cardinale e nemmeno una Bellucci!

  • Iva Zanicchi: per carità gran voce, per carità il pubblico dell’Ariston le ha tributato più di una standing ovation per anni e anni di onorata carriera musicale (e non di certo per la deprecabile carriera politica) ma certi modi di fare da amica delle massaie made in Mediaset erano un po’ fuori luogo, inoltre la sua canzone “Voglio amarti” se ha un primo ascolto può risultare apprezzabile dopo un po’ si rivela un brano fin troppo datato arrivato fuori tempo massimo che poteva andare bene negli anni settanta di Nicola di Bari e che perde inevitabilmente quota ascolto dopo ascolto.

  • Giovanni Truppi: la canzone c’è piaciuta, è originale, mescola sapientemente spoken word, canzone d’autore e canzone popolare, l’avremmo preferito a Moro per il premio Sergio Bardotti. Ciò che c’è piaciuto un po’ di meno sono quelle canotte da scugnizzo napoletano che sembra girovagare con la sua chitarra per il lungomare della città partenopea in maniera un po’ scontrosa. Certo Drusilla Foer era vestita molto meglio di lui.

  • Fabrizio Moro: i maledetti per missione, che si arrovellano l’anima sempre e comunque, anche quando basterebbe poco – tipo sincerità e sobrietà – per essere cantanti impegnati, dopo un po’ risultano delle macchiette e Moro ci sembra una caricatura di se stesso. La sua “Sei tu” è un copia incolla di altre sue canzoni che devono dimostrare a ogni costo che si è bravi se si fa del proprio tormento la propria ragion di cantare. La sua immagine da maledetto anni novanta è fuori tempo massimo quanto la canzone di Iva Zanicchi.

  • Gianni Morandi: Morandi che c’è pure simpatico ma quel terzo posto in classifica per una canzone come “Apri tutte le porte” proprio non lo capiamo. Il brano è senza infamia e senza lode ma dato che è stato scritto da Jovanotti potrebbe avere avuto una specie di destino non scritto come versione del nuovo millennio di “Fatti mandare dalla mamma” con remix incluso del geghegè...

  • Tananai: le ragioni della partecipazione di questo artista al festival di San Remo per noi è come il terzo segreto di Fatima e non ci verrà mai svelato. “Sesso occasionale” è giustamente rimasta sempre bassa in classifica e così come era una certezza che Mahmood e Blanco vincessero era altrettanto scontato che questa canzone bislacca finisse ultima.

  • Ana Mena: Al festival delle canzone neomelodica di Torre del Greco avrebbe spaccato ma siamo al festival di San Remo. Null’altro da aggiungere se non che potrebbe anche piacere….

  • Irama (ma anche altri): la sua canzone “Ovunque sarai” è molto bella e trionferà in radio , ma il suo outfit è improponibile, a metà strada tra un Sai Baba occidentale, un tamarro che vuole darsi arie da figlio dei fiori e un personaggio grottesco da film di Pedro Almodovar, tipo “Donne sull’orlo di una crisi di nervi”. Tra qualche anno come l’attore Pasquale Finicelli che ha interpretato Mirko dei Bee Hive con Cristina D’avena nel mortale “Teneramente Licia”, si pentirà amaramente di come si è conciato a questo festival e maledirà il giorno in cui è salito sul palco. O forse no.

  • Orietta Berti: vedi voce outfit Irama.

  • Giusy Ferreri: l’imitatrice di Amy Winehouse continua a proporre la solita canzone con qualche arrangiamento diverso e finisce annoiando anche il suo pubblico che la relega nelle posizioni più basse della classifica. Il megafono che ricorda i venditori di arrotino che si incontrano nelle strade di paese è la ciliegina sulla torta. Alle sagre e nelle spiagge di provincia avrà un suo seguito.

  • Dargen D’amico: nonostante il testo amarissimo sui migranti, nonostante il suo stile demenziale pungente, nonostante il nobile intento di veicolare messaggi importanti attraverso un’ironia alla Elio e le Storie Tese con una musica accessibile a chiunque, il pezzo è troppo Gianni Drudi per i nostri gusti.

  • Rkhomi: Un grande artista che ha portato un buon pezzo crossover interpretato male in tutte le serate del festival. A petto nudo anche no.

  • Achille Lauro: Tutta ciccia e niente arrosto. Grande performer e furbacchione ma la musica è innocua e tutt’altro che provocatoria. Perché non inizia a cantare canzoni per le sigle dei cartoni animati?

  • Alcune testate giornalistiche in merito alla canzone di Massimo Ranieri: Odiamo fare i maestrini coi nostri colleghi ma la canzone di Ranieri si scrive, “Lettera di là dal mare” e non “Lettera al di là del mare”. Sono in tanti a cascarci.

Buonissimi con:

  • Drusilla Foer: se avessimo potuto sceglierla come candidata al Quirinale avremmo voluto lei sicuramente come presidente della repubblica italiana. Raffinata, colta come giustamente ha sottolineato, simpatica, intelligente, talentuosa. La Foer è attrice e showgirl di enorme talento tanto da mettere in ombra lo stesso Amadeus. Il suo monologo sull’unicità meritava un orario migliore del dopo mezzanotte così come la sua esibizione canora ineccepibile più di certe altre in gara. Un’artista a tutto tondo. La grande rivelazione di questo festival.
  • Maneskin: Damiano e i suoi soci sono le rockstar che non abbiamo mai avuto. I nostri Beatles arrivati con sessant’anni di ritardo. Hanno infiammato il palco con un’esibizione caotica, da veri animali da palcoscenico. Chapeau!

  • Amadeus: Il direttore artistico degli ultimi festival di San Remo con un passato da deejay e conduttore di Festival bar ha saputo rivitalizzare una manifestazione che dagli anni novanta molti davano per spacciata e che ha avuto delle rinascite brevi nel corso degli anni duemila, senza grossi cambiamenti strutturali degni di nota. Con Amadeus il festival di San Semo è diventato uno show moderno anche se la strada per svecchiarlo è ancora lunga. Ma gli va dato atto che ha attuato una rivoluzione che negli anni darà sicuramente i suoi frutti. Se prima di lui il festival era considerato l’ultima spiaggia per molti artisti adesso è una vetrina e un trampolino di lancio mica da ridere.

  • Blanco e Mahmood: “Brividi” è una pregevole canzone pop dove tutto è perfetto e nulla è lasciato al caso – rischiamo di vincere l’Eurovision o comunque di posizionarci molto in alto anche in questa kermesse canora. La canzone ha un sound internazionale che potrebbe far conquistare, come è avvenuto per i Maneskin, le classifiche di altri paesi. Il loro duetto è una vera e propria rivoluzione (per motivi che vanno molto al di là della musica, ne parleremo in un articolo a parte).

  • Fiorello e Checco Zalone: due autentici mostri sul palco. Seppur diversi hanno rivitalizzato le prime due puntate del Festival con il loro stile diretto, provocatorio, intelligente, non le manda a dire nemmeno a Mamma RAI la quale non è stata esente da critica dai due sul palco dell’Ariston. Perché non fare presentare il prossimo festival a loro due in coppia? Troppo sovversivi?

  • Sabrina Ferilli: La sempre bella e brava Sabrina Ferilli ha saputo portare con la sua solarità e la sue verve la romanità a Sanremo. Una romanità bella, sincera, senza fronzoli e sovrastrutture che agli italiani, in questo periodo di pandemie e crisi economiche, è necessaria per svagarsi, ma anche per pensare in maniera lucida e (perfino) saggia.

  • La rappresentante di Lista: avremmo voluto loro nella top 3 di San Remo, insieme a Elisa e Blanco e Mahmood. Ma forse il pubblico a casa più tradizionalista (e di destra?) non gli ha perdonato il pugno chiuso a fine esibizione. Nella classifica fimi dei singoli però si sono posizionati dopo i vincitori. Il pezzo farà sfracelli alla radio. Anzi già li sta facendo.

  • Massimo Ranieri: Peccato per le stecche prese nella prima puntata e peccato che il pubblico più giovanile non l’abbia capito. Noi in questa perla in musica che ci ricorda i migliori Lucio Dalla e Renato Zero, non abbiamo di certo ascoltato un pezzo urban ma di sicuro una canzone fatta col cuore estremamente elegante e con una melodia da pelle d’oca.

  • Rettore e Ditonellapiaga: La canzone trionferà nei locali gay (se riapriranno) e nelle feste più scatenate e folli la prossima estate. Rettore e Ditonellapiaga hanno una bella chimica tra di loro e sono molto affiatate e simpatiche. Peccato solo che Miss Rettore durante le sue esibizioni sul palco sembrasse affaticata, forse dalla mole di impegni sanremesi. Chimica è il pezzo che le serviva per rilanciarsi e che servirà alla sua compagna di viaggio per farsi conoscere dal grande pubblico.

  • Irama: Un altro pezzo pop che avrebbe meritato di stare più in alto in classifica di Gianni Morandi. Una struggente canzone d’amore, di quelle che fanno palpitare il cuore e che faranno nascere e piangere tanti innamorati, qui c’è sentimento e nulla di melenso. Mica parliamo di Ramazzotti.

  • Michele Bravi: Garbato, gentile, spontaneo, Michele ci ha conquistato per la dolcezza e la sincerità. Anche la sua canzone ascolto dopo ascolto dimostra il suo valore e le tempra di questo bravo artista.

  • Emma Marrone e Francesca Michelin: Assieme a Rettore e Ditonellapiaga sono l’altra coppia femminile che ci ha entusiasmato in questo festival. La loro sintonia e amicizia è un bello schiaffo morale a chi vuole vedere le donne sempre rivaleggiare. Girls just want to have fun.

  • Elisa: Una Elisa ritornata alla sua forma migliore e che ci ha fatto riconciliare con l’artista di Monfalcone dopo alcune canzoni forse troppo soporifere e con poco cuore. “O forse sei tu” è un ritorno a casa di una cantautrice sensibile, appassionata e con una cultura musicale mostruosa.

  • San Giovanni e Matteo Romano: Il primo è uscito da amici e il secondo da Tik Tok. Stanno stare sul palco e hanno portato dei pezzi che piaceranno ai giovanissimi. Lasciamoli crescere e vediamo quale sarà la loro evoluzione artistica che potrebbe essere negli anni perfino sorprendente.

 

(6 febbraio 2022)

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