Omaggiando Luca Di Meo

Altra Cultura

Condividi

di Marinella Zetti

Lo scorso 30 luglio è morto Luca Di Meo, il suo nome era molto noto tra gli addetti ai lavori in ambito editoriale. Tra i lettori era conosciuto come Wu Ming 3, dall’omonimo collettivo di scrittori fondato insieme a Roberto Bui, Giovanni Cattabriga, Federico Guglielmi e Ricardo Pedrini nel 2000. Di Meo, Bui, Cattabriga e Guglielmi provenivano dalla sezione bolognese del Luther Blisset Project che era stato attivo dal 1994 al 1999 in Italia, Spagna e Germania.

Wu Ming in cinese significa “senza nome” o “cinque nomi” a seconda di come viene pronunciato e questo ha contribuito alla nascita di considerazioni e indicazioni sulle loro idee. Ad esempio, pur apparendo in pubblico, rifiutavano di essere soggetti di servizi fotografici. In un’intervista del 2007 avevano precisato che il gruppo intendeva essere “Trasparente verso i lettori e opachi verso i media”. Inoltre, gli autori avevano una posizione precisa anche sul diritto d’autore: tutte le opere del collettivo Wu Ming, dopo alcuni anni dalla loro pubblicazione cartacea, venivano proposte per il download integrale e gratuito dal loro sito con licenza Creative Commons CC BY-NC-SA, non commerciale.

Di Meo era uscito da Wu Ming nel 2008, dopo anni di condivisione di idee e progetti. Il romanzo più famoso è stato “Q “, che ha avuto un grande successo di critica e pubblico, ed è stato tradotto in inglese, spagnolo, tedesco, olandese, francese, portoghese, danese, polacco, greco e coreano. È ambientato nell’Europa centrale del XVI secolo, durante le rivolte contadine e le ribellioni popolari che quasi “sequestrarono” la Riforma, prima di subire una sanguinosa repressione con l’entusiastica approvazione di Lutero.
Personalmente, pur conoscendo l’esistenza di WU Ming e di “Q” ho aspettato un po’ a leggerlo. L’ho fatto quando avevo la libreria a Roma e potevo accedere facilmente a tanti romanzi. Indubbiamente mi incuriosiva, soprattutto per il fatto che era stato scritto da un collettivo. Ritengo la scrittura un’attività molto personale e guardo sempre con interesse a opere realizzate da due autori, in questo caso erano addirittura in quattro.

Ricordo di essermi soffermata sulla dedica iniziale “A Marco Morri” e, dopo alcune ricerche, ho scoperto che era un “compagno” morto a Bologna nell’agosto 1996. Superate le prime pagine, confesso di aver continuato a leggerlo quasi per dovere. E a bloccarmi non è stata la dimensione del romanzo, “Q” non era riuscito a coinvolgermi, nonostante fosse scritto in modo scorrevole e con proprietà di linguaggio. Come ho scritto più volte, anche la lettura rappresenta una scelta molto personale e lo stesso libro può essere considerato da alcuni un capolavoro e da altri un testo illeggibile.
Mi piace ricordare Luca Di Meo con le parole che hanno scritto per lui gli amici di Wu Ming nel loro blog Giap: https://www.wumingfoundation.com/giap/.

“Luca muore il 30 luglio, una domenica. Muore nel suo appartamento di Bologna, nove giorni dopo aver compiuto 59 anni, quindici anni dopo aver lasciato Wu Ming, quattro anni dopo l’ultimo evento insieme, quasi sei mesi dopo l’ultima seduta di chemio, ché tanto non serviva più a niente. Antidolorifici, e via andare. La notizia non era inattesa, ma quando arriva è inattesa sempre. Comincia a girare nel pomeriggio, raggiungendo persone sparpagliate qua e là per i quattro cantoni d’Europa. Noi compresi. Uno di noi la riceve mentre è sul traghetto per la Grecia.

Luca «non c’è più». Questa la frase di Christiano al telefono da Berlino.

Uno di noi – cioè: uno del quartetto che scrisse Q – «non c’è più» in quel senso lì. Anni di lavoro sul confine tra presenza e assenza, sull’esserci senza apparire, poi arriva quel senso lì.

Nella seconda metà dei Novanta Luca fu, tra le altre cose, Luther Blissett, il cui nome era legione. In quel periodo scrivemmo il romanzo che ci avrebbe cambiato la vita. Nell’anno 2000 fondammo Wu Ming. Lui uscì dal collettivo otto anni dopo. Tra Manituana e Altai…. Anche oggi, come quindici anni fa, l’umore è difficile da descrivere. Non metteremo in fila aneddoti: la prima volta che lo incontrammo, quel giorno che lui, le ultime parole scambiate… Niente. Non aggiungeremo a queste altre parole. Almeno per un bel pezzo.

Quel che abbiamo fatto insieme è stato importante, e rimane. Il resto lo teniamo per noi. Il resto è il rispetto che dobbiamo alla nostra storia comune”.

 

 

(2 agosto 2023)

©gaiaitalia.com 2023 – diritti riservati, riproduzione vietata

 




 

 

 

 

 

 



Pubblicità