di Andrea Mauri
Opera sui generis il canto in versi Antigone nella città dei pazzi di Luigi Trucillo (2024, Edizioni Cronopio). Il mito greco di una donna che in fondo non muore mai, che si agita nei pensieri del re di Tebe, Creonte, anche dopo averla uccisa, considerata donna pericolosa, combattiva, portatrice di libertà secondo la tragedia di Sofocle, sopravvive al tempo e si aggira come lucciola nella città dei pazzi.
Dov’è questa città e che cos’è realmente? Lo leggiamo nei versi di Trucillo. “… Bianchi, / l’asilo psichiatrico dismesso / sulla collina a nord-est di una città di mare. / Duecentoventimila metri quadrati e trentatré padiglioni…”. Dunque, il Bianchi, il grande manicomio abbandonato di Napoli.
A raccontare la storia di questo luogo di sofferenza è Antigone insieme al coro, ai quattro elementi della Terra e ai malati ricoverati nell’ospedale, attraverso le cartelle cliniche che diventano personaggi di questa opera molto originale.
Nel suo peregrinare tra i muri scrostati e le suppellettili di ricordi folli che abitavano le stanze, Antigone compie un viaggio attraverso la morte. Come dicevamo, per lei non è la prima volta. Uccisa da Creonte, è diventata un faro per il mondo a venire e di tale viaggio lei non se ne vergogna. Anzi, rappresenta l’occasione per svelare la sofferenza di chi nella vita non ha mai avuto voce.
È la storia di Giorgio che “si sveglia sotto il diluvio delle gocce acide di vomito”. C’è Pierina, rea di aver morso un poliziotto, mentre il marito alcolizzato la colpiva con il bastone. Modestina, sottoposta a elettrochoc “delle ninfomani / candido come la merda.” Maria, che cerca l’aria con la bocca spalancata. Ci sono anche i personaggi illustri che Antigone incontra nel sorvolare il pianto di fetori e secrezioni che di umano non hanno più niente. Sylvia Plath, in preda all’asfissia dell’amore; Majakovskij, alle prese con il suo paese sconvolto, alla ricerca di sogni rivoluzionari: “In questa vita / morire / non è difficile. / Vivere è molto più difficile.”
Antigone, forte della sua esperienza di dolore, difende il lutto dei pazienti che popolano la città dei pazzi. Ogni dettaglio ricorda cos’era quel luogo, anche lo sgocciolio di un rubinetto, simile ai gemiti di persone innocenti.
I personaggi di quest’opera di Luigi Trucillo ingaggiano una lotta contro il mondo; la storia e le vicende personali narrate ne sono testimonianza. Dietro al viaggio del mito Antigone, c’è però la consapevolezza che il manicomio non può curare il dolore, anzi, quel luogo è strutturato proprio per infliggerne altro. Antigone, dunque, si conferma ancora una volta quel faro per portare alla luce le ingiustizie sommerse.
(30 luglio 2025)
©gaiaitalia.com 2025 – diritti riservati, riproduzione vietata