Il senso dello scrivere. Conversazione con Giuliano Brenna e Roberto Maggiani

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Brenna Maggianidi Bo Summer’s   twitter@fabiogalli61

Tutti sanno che Giuliano Brenna e Roberto Maggiani hanno fondato la rivista letteraria libera online www.larecherche.it. E per chi non ne fosse a conoscenza, ora non può fare finta di nulla, consiglio spassionatamente una visita a questo sito.

Volevo intanto ringraziare per aver accettato queste quattro chiacchiere con me, in maniera così informale, su temi che ci stanno a cuore.

Marcel Proust, (da lui e dalla sua opera “A la recherche du temps perdu” nasce l’idea di questa progetto) ebbe qualche difficoltà, inizialmente, nella pubblicazione del suo monumentale scritto. Lo stesso Gallimard lo rifiutò: l’editore probabilmente nemmeno aprì il pacco dei manoscritti. Non si arrese, il Nostro, pubblicando a proprie spese. Ora, dato che non tutti siamo Proust, quanto l’Editoria italiana incide nella mala o buona pubblicazione di un autore?

Giuliano Brenna: L’Editoria italiana è ancora fondamentale per la pubblicazione di un libro, in quanto la diffusione degli e-book è ancora piuttosto limitata. Se per editoria intendiamo quella dei grandi nomi è noto come questa tenda a pubblicare solo i nomi più noti, sia nel campo della letteratura, sia in quello più generico delle cosiddette celebrità, che di tanto in tanto prestano il loro nome a pubblicazioni scritte generalmente con qualcun altro. Questo fa sì che il rischio invenduti sia minimo, ma garantisce anche il fatto che molti autori non conosciuti restino perennemente fuori dalla porta. Spesso sembra che i grandi editori prediligano un libro mediocre di un autore noto, piuttosto che uno buono, a volte ottimo, di uno sconosciuto. A margine di tutto ciò vi è anche il fatto che gli editori, sempre pronti a limare le spese, abbiano diminuito, se non cancellato, il lavoro degli editor, un testo deve arrivare già perfetto, mentre molti buoni testi che con un piccolo lavoro di editing potrebbero diventare un ottimo testo, non vengono presi in considerazione. Poi vi è un folto gruppo di editori che cercano la qualità ma che sono costretti a farsi pagare dagli autori per sostenere le spese di pubblicazione. E infine gli editori pronti a tutto ai quali basta fare un versamento per vedersi pubblicare qualunque cosa, e spesso i testi non vengono neanche riletti, per cui ci si trova di fronte a libri costellati di errori marchiani ed amenità varie. Questi ultimi editori contribuiscono notevolmente a mettere in cattiva luce la piccola editoria in generale.

Roberto Maggiani: La risposta che ho maturato in questi anni è dantesca: “Non ragioniam di lor, ma guarda e passa”; anche per questo è nata LaRecherche.it con i suoi spazi di libera pubblicazione e la sua collana di eBook “Libri liberi”, sono testi selezionati da una Redazione che non ha in sé stessa la logica del guadagno ed è aliena ad ogni interesse se non quello di proporre autori in cui si riconosca realmente la volontà di un percorso di ricerca attraverso la scrittura, poetica o narrativa, ma anche grafica e musicale.

Il termine “Editoria italiana” è un po’ generico, indica un ampio spettro di possibilità editoriali, dall’editore fai da te al grandissimo editore. Inizierei però a scremare tra gli editori, non considerando tali coloro che non effettuano una seria selezione dei testi proposti, a pagamento o meno, fai da te o meno; è importante che un editore – ma anche una singola persona che pubblichi un testo in proprio – sappia effettuare una selezione di ciò che propone, prendendo le distanze da una logica strettamente commerciale o, nel caso dell’editoria fai date, della vanagloria, per imbarcarsi in un percorso serio in cui vi sia il rispetto per il lettore con una proposta di letture non banali, ciò non vuol dire che una scrittura non possa essere semplice, magari di un autore all’inizio di un percorso, ma l’importante è che sia onesta, cioè possa riconoscersi in essa il germe della bellezza artistica.

Perché un autore, oggi, dovrebbe pagare per vedere pubblicato un proprio testo?

G.B.: Perché spesso è l’unico modo per farsi pubblicare qualcosa a cui magari si è lavorato a lungo e si è molto affezionati. Il rischio, come dicevo prima, è incontrare editori  spregiudicati che pubblicano qualunque cosa. Per cui, anche dovendo pagare, è meglio per un autore scegliere bene la casa editrice in modo che la sua opera non finisca in cataloghi colmi di titoli improponibili. Anche pagando è sempre meglio un rifiuto circostanziato che stimola a lavorare, piuttosto che una pubblicazione pur che sia ma che poi getterà discredito sulla futura carriera dell’autore.

Giuliano Brenna

R.M.: Non è un problema il pagare una propria pubblicazione, se l’editore scelto, pur pubblicando a pagamento, è capace di effettuare una selezione seria dei testi, rifiutando di pubblicare scritture occasionali ed estemporanee; ci sono molti editori che fanno così e sono ottimi, nelle loro Collane si trovano testi, e autori, molto interessanti.

D’altronde la pubblicazione a pagamento è necessaria al piccolo editore, specialmente se si tratta di libri di poesia, infatti la poesia non si vende, è difficile rientrare nelle spese, così l’autore è il primo sostenitore di sé stesso, acquista delle copie; semmai bisogna vigilare che l’editore non sia esoso e chieda realmente il dovuto.

Un autore che voglia fare un percorso di ricerca, che sente dentro la spinta alla scrittura perché il fuoco della poesia avvampa in lui, a un certo punto sentirà la necessità di pubblicare, cioè di uscire a vita pubblica. Allora sarà difficile che un editore investa su di lui, molto difficile, ma la necessità c’è, dunque si è disposti a pagare, ed è, a mio avviso, giusto… ma l’importante è proporre i propri testi a editori che sappiano, nell’eventualità, dire un no: questo non si pubblica perché il materiale poetico è da lavorare ancora nella forma.

Roberto MaggianiPer la narrativa invece è diverso, ci sono editori disposti a investire perché si riesce a vendere; un romanzo, se buono, vende, dunque non consiglio di investire sulla pubblicazione di un romanzo perché ci sono editori disposti a investirci se fiutano l’affare nella combinazione stile/contenuti; però è vero anche che ci sono testi ottimi che non trovano un editore perché non adatti alla grande massa dei lettori e in più non hanno un nome noto che li ha scritti. Per quanto riguarda la poesia, anche se buona, è difficile trovare un editore disposto a investirci, perché in ogni caso non si vende, specialmente se l’autore è giovane, appena affacciato sulla scena poetica.

Il mio consiglio è quello di farsi conoscere per mezzo di pubblicazioni sulle riviste letterarie, a stampa o online, le riviste sono un buon modo di farsi conoscere, anche dagli editori. Sulle riviste online, sui blog, come LaRecherche.it, ad esempio, si ha la possibilità di mettersi in mostra, ma anche la possibilità di ricevere critiche, queste, se costruttive e ben fatte, aiutano tantissimo a sviluppare la propria scrittura, a perfezionarla.

Cosa propone, invece, per la promozione di scritture e scrittori, la vostra rivista?

G.B.: La nostra rivista, offrendo la possibilità di pubblicare liberamente, consente agli autori un immediato confronto con il pubblico e i lettori, i quali, attraverso i commenti, aiutano gli autori a capire quali sono i punti deboli, dove possono migliorare e quali sono i punti di forza dei loro scritti. Anche noi della redazione siamo sempre pronti a consigliare gli autori, a rivedere i loro testi e proporre correzioni e (spesso) tagli.

R.M.: La nostra rivista propone uno spazio di serena condivisione, sottolineo serena; la condivisione è importantissima per uno scrittore, perché condividendo si ha la possibilità di confrontarsi, e ciò, come ho poc’anzi detto, se si è disposti a mettersi in gioco, aiuta a  crescere come autore.

Diventare scrittori non è immediato, è una maturazione, c’è chi inizia prima, in giovane o giovanissima età, e c’è chi inizia dopo, in tarda età, in ogni caso è un percorso; in tale percorso si può essere più o meno fortunati o più o meno sprovveduti. Noi abbiamo pensato di creare un luogo in cui si riduca il rischio, anche per i più sprovveduti, di incontrare dei “cannibali”, e così ridare fiducia a chi l’ha persa o sostenere chi ce l’ha ancora.

Ogni autore, liberamente, può pubblicare sul sito autenticandosi previa registrazione, dal pannello utente può proporre i propri testi, automaticamente raccolti su una pagina personale in cui l’autore può presentarsi con un biglietto da visita, una biografia più approfondita, una immagine e un video.

Le sezioni sono molte, dai liberi pensieri agli aforismi, dalla poesia alla saggistica. La redazione, inoltre, propone, ogni settimana, una “Poesia della settimana”, possono essere versi di un autore noto o di un autore meno noto, se non addirittura sconosciuto. Ci piace, inoltre, presentare autori attraverso delle interviste, tra le nostre interviste si trovano persone famose e persone ignote. Abbiamo anche una sezione dedicata alla scrittura a più mani (4mani) e una sezione dedicata al book crossing… tutto per aiutare gli autori e i lettori a interagire tra loro e dunque a crescere.

Tra i suoi gioielli, LaRecherche.it, ha una Collana di eBook, sono “Libri liberi” gratuitamente scaricabili, anche l’autore non paga niente; ma non pubblichiamo tutti, i testi devono dimostrare di avere alle spalle un vero e proprio lavoro di editing personale, se lo riteniamo opportuno aiutiamo gli autori a lavorarci ancora sopra.

Voi vi proponete, come un luogo di partenza, di aiuto reciproco, di lavoro comune e di confronto sulla scrittura. Quanto, oggi, confrontarsi sulla scrittura è ancora importante? Quanto, secondo voi, le fucine del testo, le piccole sartorie della parola, hanno ancora un senso?

G.B.: Il confrontarsi ha sempre un ruolo fondamentale, nella scrittura ancora di più in quanto quest’ultima tende ad essere spesso un esercizio solitario in cui l’autore dispiega il proprio mondo o il proprio io introiettandolo. In tal modo rischia di renderlo inintelligibile agli altri. La scrittura è fatta troppo spesso di pagine di diario rimuginate in solitudine, mentre invece va volta verso l’esterno, universalizzata. Il confronto con gli altri, in questa fase, è fondamentale per capire se quanto scritto riesce a penetrare le altre menti o resta una descrizione della propria, fine a sé stessa. Anche sullo stile, sulla forma, il confronto è fondamentale, spesso bisogna sapersi affidare a chi può rendere uno scritto potenziale in un effettivo testo leggibile. le piccole fucine della parola aiutano spesso i talenti ad emergere, a farsi conoscere, si crea un primo rapporto fra l’autore e il pubblico, e un rapporto serrato e disinteressato fanno comprendere all’autore se la direzione imboccata è quella giusta. L’unico rischio è che le piccole fucine o gli ambienti troppo ristretti possano diventare autocelebrativi.

R.M.: È quello che dicevo. LaRecherche.it, come si legge sulla pagina “Chi siamo”, si propone come un luogo di partenza, non di arrivo. Ci sono molte riviste cartacee o blog che sono luoghi di arrivo, pubblicare lì significa avere già raggiunto un punto importante della propria carriera di scrittore, sono luoghi elitari a cui si accede non sempre solo per merito ma anche per conoscenza. Rispettiamo tali luoghi e modi di fare, che pure ci vogliono, ma noi non vogliamo essere così, semplicemente ci siamo e chi si vuole accostare è benvenuto, ma anche, talvolta, siamo noi ad accostarci a chi ci piace per l’onestà intellettuale. Cerchiamo di rimescolare le acque della cultura italiana, troppo divisa in vasche in cui nuotano solo i grandi pesci e vasche in cui nuotano i piccoli pesci, infatti, su LaRecherche.it, si possono trovare scrittori o lettori ignoti vicini a quelli noti.

Tra i vostri “Libri liberi” pubblicati ve ne sono anche alcuni di autori conosciuti, seppure in un giro ristretto di attenti lettori. Che cosa sono questi libri? Ce ne spiegate il senso editoriale?

G.B.: Spesso gli autori più noti, o dalla maggior capacità o sicurezza stilistica, possono fungere da esempio o da sprone per chi sta muovendo i primi passi. Delle specie di fari che propongono un cammino. Talvolta anche attraverso laLarecherche proposta nella “Poesia della settimana” di nomi noti, tentiamo di dare un esempio. Purtroppo molti scrivono tanto ma leggono poco, quindi cerchiamo di dare agli autori in erba una specie di libro di testo sul quale studiare, imparare a leggere nel senso più profondo del termine. E, non ultimo, il fatto che alcuni testi sono talmente belli che è un piacere proporre. Ad esempio una settimana abbiamo proposto “Recueillement” di Baudelaire, che tutti praticamente conoscono, ma è talmente bella, commovente, intensa che è sempre un piacere leggerla e proporla.

R.M.: Il senso editoriale è quello sopra detto, vogliamo rimescolare le scritture. Talvolta l’autore noto ha una maturità artistica tale che la sua scrittura può aiutare gli scrittori che frequentano LaRecherche.it a dirigere la propria, a lavorare con più serietà, tutto ciò in una sorta di scuola di scrittura permanente.

Ma mi sento di dire anche che l’autore noto, in alcuni casi, ha solo avuto più fortuna, non è detto che sia più “bravo” di altri più “nascosti”.

La censura, nell’Editoria italiana, quanto incide nella pubblicazione di un autore? Mi spiego meglio: quanto, secondo voi, un autore può ritenersi libero di esprimersi, sia a livello di scrittura che di soggetto?

G.B.: Tenendo presente il non trascurabile fatto che una larga fetta di editoria è in mano ad un imprenditore che è anche un uomo politico, il rischio che alcune scelte editoriali siano quantomeno pilotate è abbastanza forte. Vi è poi il caso di Saramago che ci fa riflettere, escluso da Einaudi per una simpatica frase sul summenzionato imprenditore. Tuttavia il panorama editoriale italiano è talmente vario e variegato che mi sembra che alla fine tutte le voci riescano ad avere una seppur minima visibilità.

R.M.: Totalmente… ma rimanendo sempre nell’ambito dell’arte; l’arte è senza confini, ma noi umani dobbiamo crearli per forza, la nostra mente non è adatta a concepire l’infinito, dunque dobbiamo rimanere nei confini dell’arte, i confini dell’arte sono definiti dalla bellezza. Qui non stiamo parlando di scrittura tanto per scrivere ma stiamo parlando di Scrittura nel senso artistico del termine, con la S maiuscola, nel senso di dare spazio alla potente esigenza interiore di donare sé stessi, e se la scrittura vuole essere arte non offende ma, semmai, incalza, denuncia… rimanendo sempre entro i suoi confini delineati dalla bellezza… se si esce da quelli si entra nella volgarità, allora è necessaria la censura… Anche nel commentare un’opera… noi cerchiamo di garantire che i commenti non travalichino mai la sfera artistica, se entrano nel personale, attraverso la volgarità, li cancelliamo, non ci interessano.

Brenna Maggiani 00Vi va di parlare dello stato della poesia e della sua visibilità nel contemporaneo? Quali sono, se ancora ci sono, i rapporti fra storia, storiografia e poesia?

G.B.: Sembrerebbe che attualmente la poesia sia posta ai margini dell’interesse pubblico o mediatico, basti pensare al misero spazio che le librerie vi dedicano. Forse il nostro periodo passerà alla storia per la frammentazione del discorso poetico. In assenza di grandi e forti correnti il mondo della poesia sembra frammentarsi in gruppi, gruppetti e conventicole chiuse su loro stesse, capaci di dare anche ottimi frutti ma forse sterili sul piano di un cammino della poesia. Mi sembra che poi manchi un discorso di denuncia politica e sociale portato avanti attraverso il discorso poetico, salvo in rari casi, mentre si sa, la storia lo insegna, il risveglio delle menti e la ribellione a certe dittature striscianti o lampanti avviene anche attraverso la poesia.

R.M.: La poesia è il fondamento dell’arte, dunque è sempre visibile, in ogni epoca, fin dalla Preistoria, è quanto risulta dai dipinti rinvenuti nelle grotte delle prime comunità umane, infatti essa ha a che fare con l’intimità dell’uomo, è la sua stessa sostanza, è, per esempio, quel momento di aria fresca che scivola nelle narici quando si corre da un ufficio all’altro, è quel momento di pausa nell’affannarsi tra le cose quotidiane. Essa è sempre visibile, volendola vedere, perché presente nonostante noi, e proprio per la nostra costituzione umana. La poesia accompagna l’uomo da sempre, in ogni attimo del quotidiano, dunque la poesia fa la storia dell’umanità… che cosa rimane dell’antichità? Che cosa preserviamo? L’arte! Il cui fondamento è il sentire poetico dell’uomo.

Se poi per poesia si intendono versi scritti su una pagina a comporre libri, allora la poesia perde la sua visibilità. Per quanto essa sia sempre gradita quando ci si imbatte; rispetto alla poesia, che non sia quella scolastica, cioè imparata nelle scuole, c’è una grande ignoranza. Non si pensa che i poeti possano vivere in carne ed ossa anche nel nostro tempo, anch’essi fanno la storia e dalla propria epoca elevano i canti di denuncia e gioia e dolore, essi ne sono i migliori interpreti, in un solo verso sono capaci di riassumere ed evocare fatti, azioni e pensieri del loro tempo. Essi sostengono, in ogni tempo, l’umanità, ne sono le colonne morali… intendo qui una morale umana universale, non religiosa, che è particolare.

La scrittura può fare qualcosa per questo momento d’imbarbarimento quasi generalizzato, può darci speranza?

G.B.: La speranza si alimenta di fantasia, condivisione, bellezza, forza di pensieri fatti di parole, e la letteratura è tutto questo.

R.M.: Risponderò con le parole di Sophia de Mello, poetessa portoghese che ci ha lasciati nel 2004 a ottantaquattro anni:

L’amore positivo della vita cerca l’integrità. Poiché cerca l’integrità dell’uomo la poesia in una società come quella in cui viviamo è necessariamente rivoluzionaria – è il non-accettare fondamentale. La poesia non ha mai detto a qualcuno d’avere pazienza. […] È la poesia che mi implica, che mi fa esistere nello stare e mi fa stare nell’esistere. È la poesia che rende intero il mio stare sulla terra. E poiché è la più profonda implicazione dell’uomo nel reale, la poesia è necessariamente politica e fondamento della politica.

La poesia cerca infatti il vero stare sulla terra dell’uomo e perciò non può estraniarsi da quella forma dello stare sulla terra che è la politica. Così come cerca la vera relazione dell’uomo con l’albero o con il fiume, il poeta cerca la vera relazione con gli altri uomini. Questo l’obbliga a cercare ciò che è giusto, questo lo implica in quella ricerca di giustizia che è la politica.

E poiché cerca l’integrità, la poesia è, per sua natura, disalienazione, principio di disalienazione, disalienazione primordiale. Libertà primordiale, giustizia primordiale. Il poeta dice sempre:

« Io parlo della prima libertà»

Da quell’unità fondamentale della libertà e della giustizia il poeta ha formato il suo progetto opposto alla divisione.

Se vogliamo oltrepassare la cultura borghese – ossia l’uso borghese della cultura – è perché vediamo in esso il regno della divisione, il fallimento del progetto dell’integrità. Senza dubbio grandi poeti sono nati e hanno creato dentro il mondo della cultura borghese. Ma hanno sempre vissuto quel mondo come esilio e vedovanza, come poeti maledetti.

Sì, la poesia è la nostra speranza, lo è in un mondo in cui pare che l’ideologia imperante siano il liberismo e il consumismo, allo stesso modo lo è, o lo è stata, quando l’ideologia di una dittatura – di Sinistra, di Destra o di Centro – vuole sopprimere la sua sincerità dell’uomo e la sua libertà ad essere sé stesso.

 

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