Si diceva: il corpo è mio e me lo gestisco io; oggi dovremmo ripeterlo con l’aggiunta di un aggettivo qualificativo: il corpo politico è mio e me lo gestisco io.
Edda Billi
Sabato 17 maggio, nell’ambito delle manifestazioni per la giornata internazionale contro l’omofobia e la transfobia è stato proiettato al Nuovo Cinema Aquila di Roma il documentario di Laura Valle e Paola Mastrageli 100 di questi giorni dedicato a Edda Billi, lesbofemminista, come ama definirsi, e presidente dell’AFFI (Associazione Federativa Femminista Internazionale).
Nel documentario Edda Billi è ripresa dalla videocamera intelligente e sensibile di Laura Valle, che, in appena 50 minuti (ricavati da oltre 5 ore di girato), imbastisce un racconto che non costituisce il come eravamo di Edda e della sua generazione ma il che cosa siamo di un gruppo di donne che negli anni settanta del secolo breve hanno dato vita al collettivo femminista di Via Pompeo Magno.
Tra i racconti di Edda e i documenti d’epoca (filmati, foto, riviste, ciclostili tratti da Archivia, l’archivio e centro di documentazione femminista e studi sulle donne della Casa Internazionale delle donne di Roma), il documentario restituisce l’intelligenza viva, l’acume e la lucidità con cui Edda Billi guarda al mondo di oggi con l’esperienza che parte da allora, e da prima ancora, da quando Edda, appena adolescente, fece un coming out, reso aspro e difficile dai tempi, ma per lei spontaneo e necessario, dichiarando di essere innamorata di una ragazza.
Seduta in riva al mare, o nella piazza antistante via Pompeo Magno, la sigaretta in mano, Edda ci parla delle scelte politiche di allora.
Il separatismo (ci siamo rese conto che finché c’era un uomo parlava solo lui) che per Edda Billi è sempre stato un mezzo e mai un fine, ovvero uno strumento politico tramite il quale chiedere, per esempio, alla stampa, maschile e maschilista, di mandare, per le interviste e le riprese al collettivo, giornaliste e operatrici (loro ci dissero che non ce ne erano. Beh, si fecero).
La creazione di neologismi come donnità cui fare riferimento per sottrarsi a un maschile che si insinua anche nelle parole che si pretendono universali, come genere umano; parole nelle quali si esprime la consapevolezza che finché c’è un maschio a legittimare l’esistenza delle donne l’emancipazione femminile non potrà mai essere veramente un percorso di liberazione.
Edda Billi racconta anche dela ricerca e del lavoro, assieme ad Alma Sabatini, per una lingua non sessista, mentre, di tanto in tanto, ascoltiamo alcuni versi delle splendide poesie che Edda scrive dagli anni 60 (per le quali è stata definita una poeta intrappolata in un corpo politico) e che, a detta di Paola Mastrangeli, a ottobre vedranno finalmente luce in una pubblicazione.
Un racconto percorso da un sottile e mai avventato gusto ironico col quale Edda ricorda, per esempio, le tante donne con cui ha intessuto storie (mi innamoravo sempre, magari anche solo per una settimana, era il fatto di essere innamorata che mi autorizzava ad andarci a letto) mostrandocene anche le foto che conserva in un album, assieme ad altri ricordi.
100 di questi giorni ci racconta di una vita nella quale il privato e il pubblico non sono due aspetti separati che si intrecciano per le contingenze di una storia biografica individuale, ma sono piuttosto le coordinate entro cui, in un continuo scambio dialettico, si dipana la vita di una donna, tra un essere-al-mondo e un fare politica che siano alternativi e antagonisti non già al maschio – perché non ci si sottrae davvero al patriarcato se non quando si smette di dialogare con esso e si inizia a tessere una istanza discorsiva autonoma, necessaria e sufficiente -, ma alternativo all’omologazione che ha visto tante donne allinearsi al potere maschile.
Il documentario si apre con la festa per gli 80 anni di Edda, alla presenza di amiche, compagne di vita e di politica, donne giovani e meno giovani, mostrando in tralice, in quei pochi minuti iniziali di festa, magicamente e magnificamente, lo spirito di corpo, quel legame tra donne che Edda Billi chiama nel documentario lesbicità, una sororanza solidale e affettiva che le donne provano l’una per l’altra, costruita a partire dal desiderio della donna, nuovo soggetto politico, per le donne, un desiderio che nella comune datità di donne cerca e considera le donne uniche interlocutrici paritarie,
al di là di tutte quelle funzioni cui la società patriarcale le ha investite per imbrigliarle e controllarle (finalmente esistere per me, per noi, non più interpretate dagli altri. Soprattutto dal maschile che tutto tenta di inglobare e definire).
Uno sguardo autonomo delle donne sul mondo e sulle donne che trova nell’amore per le donne, nel lesbismo, la spontanea e consapevole non necessità del maschio.
Un amore che spinge a far uscire dalle monadi in cui oggi tutte – e tutti – sembriamo vivere.
Una lesbicità della quale ci auguriamo di parlare presto con Edda Billi su queste pagine.
100 di questi giorni è un documentario prezioso una fonte ricchissima del quale segnaleremo ogni prossima proiezione pubblica per riflettere, crescere e imparare.
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