“La Pagina dello Zio Bo” Summer’s, su Pasolini, ancora?! Non soltanto…

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Fabio Galli 02di Bo Summer’s  twitter@fabiogalli61

Io vidi Salò, la prima volta, quando erano già trascorsi anni dalla morte di Pier Paolo Pasolini. Il mio primo Pasolini letto fu, invece, Scritti corsari.

Piuttosto in coda, voglio starmene in fondo, un minore restare, con un altro silenzio, stavolta però in un ambiente chiuso, quella stessa stanza maledetta diventata quasi intima camera. E ci ho pensato più volte a questa cosa dello scrivere per scrivere. Dello scrivere come terapia. Io non scrivo per curarmi. Per quello c’ho le medicamentose medicine chimiche. Son stanco e non ho un ego maiuscolo. Mai avuto. Non comincio di certo ora che non ho nemmeno più il tempo per stargli dietro. Fare gli amoreggiamenti con me stesso. Mettermi in primo piano, alla berlina, se si vuole… ma no, non sono io quello.

Insomma, piove a dirotto, ora, ma non ha importanza, anzi quasi sono contento che piova così forte. Questa landa a me non piace, questa steppa pianeggiante che sprofondi in un mare di acqua madida. Brandelli di sole squarciano di tanto in tanto la coltre compatta di nubi. È estate, ma questo tempo, in questo luogo, mi fa venire in mente il paesaggio raccontato così poeticamente in Un paese di temporali e di primule. Evidentemente non c’entra nulla. Ma la mente, si sa..

Un temporale è esattamente quanto di meglio ci si potesse augurare durante questa giornata. Il paese, così, appare in una luce forse un po’ più simile ad allora, agli anni Sessanta del secolo scorso, quando ci abitavo con mia madre e mio padre. Non avendo un fratello che facesse parte della mia famiglia, me ne inventai uno, mi racconta mia madre, a soli 2/3 anni. Io non mi ricordo questo fatto. Devo averlo rimosso nella stesso modo in cui l’ho creato. Dal nulla.  E allora oltrepassai quella soglia che era la solitudine figliale reggendone quel fascio di dolore che doveva essere giusto. E che mi spettava. Di diritto. Mia madre non poté avere altri figli, erano altri tempi per i parti e spesso si rovinavano le donne.

Non riesco a trovare la tomba di mio padre, senza mia madre, e nemmeno nessuno a cui chiedere. Forse è destino che io non debba sostare davanti ad essa, per rispetto ai miei sentimenti nei suoi riguardi. Credo che la mia famiglia fosse essenzialmente mio padre e mia madre. E mio fratello. Che m’ero inventato. Ma che, come ho già detto, non mi ricordo.

Pierpaolo Pasolini è stato, fino in fondo, un intellettuale. Disperatamente un intellettuale. Un inetto davvero in una scelta poetica ed estetica prima ancora che politica, come fosse prassi concreta della lotta di classe. Anch’io vorrei esserlo, a volte, un intellettuale. Ma spesso me ne vergogno al solo pensiero. Ho amici, o ex tali, che di questo vivono: del loro essere intellettuali o fintamente esserlo. Non saprei.

Con Pasolini scoprii uno spasmo che non conoscevo e posi anch’io inizio ad una ossessiva e continua ricerca di un mondo originario, un bucolico canto, il nirvana dei corpi assoluti, un paradiso sperduto, un’origine della storia cercando purezza e l’innocenza dei corpi che mai incontrai con invece loro studiata, fosca, vitale violenza e i loro organi sessuali che non stavano da nessuna parte, mai fermi, mai sazi, alla ricerca continua e quella stessa ricerca mi portava all’uomo ridotto a porno, a mera materialità. E tale mi è diventato il linguaggio: mera pornografia, pornolalia.

Ho scritto poesie ma non mi è mai capitato di scrivere versi per canzoni… non mi si è presentata l’occasione… credo che mi interesserebbe e mi divertirebbe applicare dei versi a della musica. Perché le parole non hanno più dèi. La storia umana è questa: il diavolo non ci viaggia accanto, è calato nella nostra storia. E non parla.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(31 luglio 2014)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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