A Ravenna “Il Bel Paese”, naturalmente Emilio Campanella c’è già stato e ce la racconta

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Ravenna Il Bel Paese Caffidi Emilio Campanella

Conosci tu il paese dove fioriscono i limoni? Mi ha fatto ricordare questo verso di Goethe, l’inizio della mostra IL BEL PAESE, L’Italia dal Risorgimento alla Grande Guerra, dai Macchiaioli ai Futuristi, fino al 14 giugno al Museo d’Arte della Città di Ravenna, curata da Claudio Spadoni, catalogo SAGEP. Un progetto coraggioso e rischioso, che ripercorre strade già battute, con un tentativo di angolazione inedita, solo parzialmente riuscita.

Un’inquadratura dalla messa a fuoco incerta. Una sorta di ricognizione intorno al paesaggio naturale ed umano, nel lungo lasso di tempo preso in esame. Periodo peraltro limitato, se si considera come sia una sorta di moda compiere cavalcate di secoli, ma anche di millenni, in una sola esposizione come s’inventano certi curatori equilibristi! Qui non siamo a tali eccessi, i problemi sono altri.

Le sette sezioni della mostra occupano tre piani dell’edificio, e se il primo, siccome l’ordine è abbastanza cronologico, evoca idilli ed eroismi, iniziando con VEDUTA FANTASTICA DEI PRINCIPALI MONUMENTI D’ITALIA di Pertus Henricus Teodor Tetar Van Elven (1858) dalla Galleria d’Arte Moderna di Genova, per poi affiancare nomi come Domenico Induno, Silvestro Lega, Giovanni Fattori, quali testimoni della pittura Risorgimentale più significativa, segue poi un’ampia scelta di monti, pianure, marine, luoghi celebri anche importanti, che portano le firme di Carcano, Previati, Signorini, De Tivoli, Filippo Palizzi ( sua la FANCIULLA SULLA ROCCIA A SORRENTO del 1981, simbolo della mostra, su manifesti, locandine e sulla copertina del catalogo), Fontanesi, Nomellini, Grubicy, Fragiacomo, Ciardi,Caffi (otto!), Favretto, Boldini.

Da qui si passa al RITI DI UNA SOCIETA’ CHE CAMBIA, e si sente come le sezioni e gli argomenti si susseguano senza un vero approfondimento, sappiamo tutti benissimo come una serie di bei quadri non faccia necessariamente una mostra importante. Succede anche qui nonostante Mosè Bianchi, Aroldo Bonzagni, Michetti, Previati, Tito, Morbelli, Nomellini, De Nittis, Tranquillo Cremona. Poi un’ampia scelta fotografica d’archivio, che meriterebbe un’esposizione a parte, e si riprende con la pittura di ritratto, da Medardo Rosso al “Piccio”, da Baccarini ad Hayez; per la campagna Segantini e Pellizza da Volpedo, e poi via con il Futurismo…

Abbiamo visto molte belle cose, ma non un’espozizione definita, solo buone ed anche ottime intenzioni, ma queste, come si sa, non bastano.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(22 febbraio 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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