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Festa del Cinema di Roma: “Full Contact” al di là dell’esercizio di stile

di Alessandro Paesano  twitter@Ale_Paesano

In Full Contact trascendiamo il confine tra realtà e finzione. Ciò che realmente accade e ciò che è parte della fantasia del protagonista, diviene indistinguibile e si potrebbe anche dire inestricabile. Non vi è alcuna sequenza corretta di tempo, nessuna causa e conseguenza, non un prima e un dopo la vita e la morte, solo una battuta di caccia. Una caccia sempre più vicina alla sua essenza; quel momento in cui il cacciatore tocca la sua preda. All’interno di quel momento la connessione è assoluta e senza dubbio, per entrambi, reale.

David Verbeek

Full Contact_6809_1_-® Bojan MredjenovicFilm inusuale, da Festival, cerebrale, ma interessante e intellettualmente onesto Full Contact (Olanda, 2015) di David Verbeek racconta della reazione emotiva e psicologica di un soldato americano (se dobbiamo credere all’unica didascalia del film che attesta il deserto del Nevada come luogo) al comando di un drone, che scopre di avere bombardato, dagli Stati Uniti,  una scuola in medio oriente.

L’ordine è partito dall’alto, non si è trattato di un suo errore, ma questo non basta alla psiche dell’uomo che inizia a immaginare una relazione diversa con quei corpi che ha visto, tramite un monitor, riversi a terra, privi di vita. Prima quei corpi si rialzano e a mani nude cercano di convincerlo ad abbassare  l’arma che il soldato si trova in mano in questo vis-a-vis immaginato. Lo sterminio di quegli uomini disarmati, colpiti anche alle spalle mentre cercano di mettersi in salvo è la denuncia più puntuale di una guerra ancora più vigliacca, grazie a una tecnologia che permette di colpire il nemico comodamente da un bunker di controllo distante migliaia di kilometri.

Ma Full Contact prosegue nello scavare tra le pieghe della psiche di questo uomo che cerca una espiazione nella lotta corpo a corpo con uno di quegli uomini uccisi, dalla quale ha sempre la peggio, mentre una spogliarellista conosciuta io Nevada nelle sue fantasie diventa una collega francofona di un centro smistamento bagagli smarriti di un aeroporto. Se aggiungiamo una sequenza in cui l’uomo, nudo ha un incontro bellissimo con un cane selvatico vera e propria presenza sciamanica (non a caso cercando conforto in un confessionale cristiano il soldato dice al padre confessore che non sente il bisogno di essere perdonato ma di rinascere) il quadro metaforico del film è completo ed elegante. Disarmante in un periodo di fiction cinematografiche che spiegano tutto finendo con l’impigrire il pubblico l’unico difetto di Full Contact è che a un certo punto, il sottotesto del film, il discorso tra le righe portato dalle varie metafore. perde interesse per il regista (che firma anche la sceneggiatura) che si concentra di più sul gusto di raccontare una storia composita ed elegante, rasentando l’esercizio di stile.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(23 ottobre 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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