di Giorgia Trinelli
Forse (e speriamo), tecnologia e arte potrebbero riuscire dove forse la sola arte ha fallito. O meglio, dove gli altri cultori edotti dell’arte hanno fallito. La storia dell’arte si impara, ma l’arte si ama, di pancia, di emozione.
Roma impone Caravaggio con la tecnologia, una tecnologia buona che ci aiuta a osservare meglio, e vedere le opere esposte con un sofisticato sistema di multi-proiezione a grandi dimensioni. Il potere sensoriale dell’arte visiva unita a musica e profumi. Fino al 3 luglio, al secondo piano di Palazzo delle Esposizioni, l’installazione è suddivisa in filoni che rappresentano i principali canoni rappresentativi del Caravaggio. Violenza, luce, teatralità, cinquantasette le opere che scorrono sulle pareti.
Quarantotto i minuti che ci permettono di entrare in contatto con l’artista che ha voluto abbattere le barriere del sacro e del profano, della realtà e del dipinto, della vita e la morte attraverso luci e ombre. L’uso della tecnologia permette al visitatore di osservare da vicino i volti, le pennellate dell’artista. Aiuta a capire la costruzione dell’opera, le linee preparatorie tracciate con un gesso bianco (Caravaggio non disegnava i suoi soggetti, copiando dal vero dipingeva direttamente senza l’uso di schizzi preparatori). Osserviamo da vicino l’energia dei movimenti, la tensione dei volti e dei muscoli, la drammaticità delle rappresentazioni, eliminando le distanze tra dipinto e spazio reale.
Un ‘esperienza che permette di “immergersi” totalmente nell’opera d’arte sperando di perdere la cognizione del tempo e dello spazio. A Roma fino al 3 luglio a Palazzo delle Esposizioni, per poi spostarsi a Napoli.
(10 aprile 2016)
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