Moonage Daydream. Il mito di David Bowie

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di Giuseppe Enzo Sciarra

Mentre scrivo questa recensione, sto ascoltando sull’ipad un vecchio disco di David Bowie, quell’insuperato famoso capolavoro chiamato Heroes (1977) con cui il Duca Bianco voleva cambiare le regole della sua musica e scrivere in maniera diversa, spingendosi oltre i solchi di quello che fino a quel momento aveva consentito a se stesso; componendo musiche, parole e armonie nel modo più anarchico e istintivo possibile – la musa della musica a cui Bowie diceva di affidarsi, ordinava all’artista di superare sempre se stesso e di andare oltre lo scibile umano perché l’arte è un territorio oscuro che va esplorato soprattutto nelle sue zone morte e meno accessibili, allo scopo di riportare alla luce quel caos interiore che si agita negli umani e che per nostra natura ci fa sempre terrore (ma che se tirato fuori ci cambia la vita, avvicinandoci di più a dio o a ciò che è più vicino alla natura delle cose). Per mettere in atto quest’ardua impresa il cantautore londinese si affidò al genio di Brian Eno post Roxy Music e a Berlino Ovest, una città dove per sua stessa ammissione poteva sentirsi libero di essere uno dei tanti e non la rockstar che tutti idolatravano come un divinità. Il risultato fu quella esplosione di suoni e parole a metà strada tra poesia e performance art, figlie tanto della lettura occidentale quanto di quella potenza creativa sovrannaturale che ispirava Bowie con impertinenza luciferina e il rigore di un Buddha (perdonate questo accostamento ma con David Bowie tutti gli archetipi junghiani si incontrano invece di scontrarsi passando dalla canzone all’esibizione canora e agli spettacoli messi in scena nei suoi concerti, dei veri rituali pagani moderni in cui ogni cosa si influenza e confluisce come un magma invisibile e misterioso).

Nel documentario “Moonage Daydream”, presentato al festival di Cannes 2022 e uscito nei cinema italiani per pochi giorni, assistiamo al periodo berlinese di Bowie ma anche ad altri avvenimenti del percorso musicale (ed esistenziale) di uno dei più grandi artisti musicali dello scorso secolo, ma se quello che vi aspettate è unicamente un tributo a sua maestà Ziggy Stardust (uno dei suoi tanti memorabili personaggi portati sul palcoscenico) siete fuori strada, perché il regista statunitense premiato con l’oscar per On the ropes nel 1999, Brett Morgen, ci propone qualcosa che va ben oltre la semplice biografia di un idolo; complice l’infinità di materiale inedito messo a disposizione al cineasta americano della famiglia dell’artista britannico come concerti, interviste e registrazioni di David Bowie, e grazie alla figura unica dell’artista inglese.

Sarebbe riduttivo definire “Moonage Daydream” come un semplice documentario: è qualcosa di molto di più, un’opera monumentale, un’esperienza visiva irripetibile e spirituale tra cinema d’autore, video arte e psichedelia; un viaggio onirico, straniante, in cui David Bowie va ben oltre l’essere un artista e un cantante da classifica; Bowie diventa una parte di noi, delle nostre fragilità, del nostro esserci al mondo, della nostra sessualità sfrontata e sacra, del nostro desiderio di vivere meglio e della forza che ciascuno di noi deve trovare in se stesso per affrontare le intemperie che si agitano nel nostro piccolo e straordinario mondo interiore.

Moonage Daydream diventa il vangelo aprocrifo di Bowie, il suo cantico delle creature, un’esperienza mistica dove lo spettatore viene chiamato a fare un viaggio dentro se stesso perché Bowie è un suo archetipo, la sua parte puerile, il suo lato magico e santo. La sua arte è stato un percorso ascetico, un viaggio nell’anima. Moonage Daydream è quello di cui parlava Carlos Castaneda negli insegnamenti di Don Juan? Si. Un viaggio ultraterreno e dentro noi stessi senza l’aiuto di sostanze psicotrope agevolato unicamente dalla musica del Duca Bianco e dalle sue parole, pure e cristalline come quelle di un un saggio proveniente da un mondo arcaico, la cui particolarità risiedeva in una cosa tanto semplice quanto ardua: accorpare in sé il femminile e il maschile, lo ying e lo yang. Moonage Daydream è un capolavoro. Un libro sacro e laico. Un’esperienza incredibile al di là del Cinema.

(Nel frattempo ho finito di ascoltare l’ultima traccia del disco berlinese, “ The secret life of Arbia” e sto incredibilmente bene, più vicino a me stesso e alle persone).

 

 

(28 dicembre 2022)

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