di Fabio Galli
All’Institut Giacometti di Parigi si respira un silenzio denso, quasi palpabile, lo stesso che sembra avvolgere le opere di Alberto Giacometti e Giorgio Morandi, ora riunite in un dialogo che non è mai avvenuto nella realtà ma che trova nell’arte il suo compimento. Giacometti e Morandi, due anime tanto distanti per geografia e temperamento, sembrano qui vicinissime, accomunate da una visione dell’arte che scava nel profondo, oltre le apparenze, per toccare le corde più sottili dell’esistenza.
Le sale della mostra accolgono figure esili come ombre, i corpi filiformi di Giacometti che sembrano in lotta per esistere, a fianco delle bottiglie e dei vasi di Morandi, disposti con cura quasi liturgica. Non si parlano, queste opere, ma si osservano, si riconoscono. C’è una tensione comune, un filo invisibile che le lega: la ricerca dell’essenziale, l’eliminazione di tutto ciò che è superfluo per arrivare a una verità che si nasconde nel dettaglio più umile, nel gesto più semplice.
Giacometti, con il suo studio ingombro di polvere e argilla, lavorava instancabilmente per catturare l’essenza di una figura. Le sue sculture sembrano oscillare tra presenza e assenza, tra la densità della materia e la trasparenza dell’aria. Non c’è volume, non c’è peso: c’è solo la tensione di una linea, di un corpo che si tende verso lo spazio come un grido muto. Morandi, nel silenzio del suo studio a Bologna, operava un processo analogo ma opposto: invece di modellare la fragilità della figura umana, contemplava gli oggetti più semplici – bottiglie, scatole, vasi – e li trasformava in presenze monumentali. Non li dipingeva come erano, ma come diventavano nel suo sguardo, carichi di una vita segreta, come se la polvere accumulata su di loro fosse il segno del tempo che scorre, della memoria che si sedimenta.
Nelle loro differenze, i due artisti condividono una stessa ossessione: il tempo. Per Giacometti, il tempo è inafferrabile, un movimento perpetuo che le sue figure cercano di trattenere senza riuscirci. Camminano, stanno in piedi, ma sembrano già sul punto di svanire, consumate dalla loro stessa esistenza. Per Morandi, il tempo è sospeso, immobile. I suoi oggetti sembrano vivere in una dimensione parallela, dove ogni ombra, ogni riflesso è studiato con attenzione maniacale. Guardando un dipinto di Morandi, si ha l’impressione di trovarsi davanti a un rito sacro, a una liturgia della semplicità. Guardando una scultura di Giacometti, si percepisce invece il dramma dell’istante che si dissolve.
Eppure, non c’è malinconia in questo confronto. C’è invece una serenità profonda, una consapevolezza condivisa che l’arte non è altro che un tentativo di cogliere l’ineffabile. Giacometti e Morandi non cercano di raccontare storie, di rappresentare il mondo com’è; cercano piuttosto di svelare qualcosa che sta al di là, una verità che non si può descrivere ma solo intuire. Le loro opere non impongono risposte, non spiegano: invitano a guardare, a osservare con calma, a perdersi nei dettagli.
La mostra non si limita a presentare i loro lavori, ma costruisce un dialogo silenzioso, quasi spirituale. Le figure esili di Giacometti sembrano guardare con rispetto le bottiglie di Morandi, mentre i vasi di Morandi, immobili come monoliti, sembrano sussurrare qualcosa alle sculture dell’artista svizzero. Non c’è competizione, non c’è contrasto: c’è solo un incontro, un riconoscersi in una ricerca comune, quella di restituire all’arte la capacità di parlare delle cose invisibili, di ciò che non può essere detto con le parole.
In questo dialogo, lo spettatore diventa il terzo protagonista. Si aggira tra le sale, osserva, si interroga. È come essere invitati in una stanza dove due artisti conversano in silenzio, senza bisogno di parole. Alla fine, ci si rende conto che Giacometti e Morandi, così diversi e così simili, non hanno mai avuto bisogno di incontrarsi davvero. Le loro opere parlano per loro, attraversano il tempo e lo spazio, e trovano qui, all’Institut Giacometti, un terreno comune dove far fiorire un’intimità che non è mai esistita, ma che è sempre stata vera.
La mostra Giacometti/Morandi. Moments immobiles si terrà presso l’Institut Giacometti di Parigi fino al 2 marzo 2025. È la prima esposizione dedicata al confronto tra le opere di questi due grandi artisti del Novecento. L’esposizione esplora temi comuni, come la centralità dello studio, la ripetizione dei soggetti e una ricerca che si concentra sull’essenza piuttosto che sulla semplice rappresentazione del reale.
La mostra è suddivisa in tre sezioni: Il familiare, paesaggi e ritratti, Gli anni di ricerca e Gli anni dell’accompiemento. Include opere della Fondazione Giacometti e prestiti del Museo Morandi di Bologna, oltre a collezioni private europee. Gli orari di apertura sono dalle 10:00 alle 18:00, con chiusura il lunedì.
(18 novembre 2024)
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