Barbie. That’s entertainment

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di Laura Salvioli

Non si è fatto altro che parlare di questo film negli ultimi sei mesi. Dovevo, quindi, per forza andare a vederlo. Il film si apre con una palese citazione di Kubrik del suo capolavoro “2001 Odissea nello spazio” per dare l’idea dello sconvolgimento che Barbie ha creato nel mondo dei giocattoli per bambine. Poi si viene catapultati in Barbieland e devo dire che a livello visivo riempie gli occhi e fa bene al cuore vedere tutto quel colore e quella, palesemente finta, perfezione. Qui sono tutte Barbie, ognuna ha un ruolo e le donne sono al potere in tutti gli ambiti mentre i Ken sono poco più che oggetti e sono trattati come degli stupidi ornamenti. Insomma, è un mondo al contrario per noi abituati ad una società in cui è la donna ad essere l’oggetto.
Barbie è un simbolo perfetto per fare questa riflessione, dato che la bambola più venduta di sempre è nata per far capire alle bambine che non dovevano essere per forza essere solo madri, ma che potevano diventare tutto quello che volevano. Salvo poi essere trasformata in un simbolo di oggettificazione della donna e della (sua) superficialità.
Dal fatato mondo di Brabie, però, si viene poi catapultati in quello reale; infatti, la nostra barbie “stereotipo” (Margot Robbie) deve affrontare questo viaggio per uno strano imprevisto che la porterà a voler tornare ad essere sé stessa anche se si sa che nella vita tutto cambia intorno a noi e, questo, cambia (anche no), irrimediabilmente. Non vi dirò di più sulla trama, ormai spoilerata da chiunque. Tuttavia, devo dire che quello che ho amato di più non è la figura di Barbie ma quella di Ken. Prima di tutto perché Ryan Gosling è di una bravura impressionante, inoltre, perché una volta in più si vuole far capire che la parità tra uomo e donna si può raggiungere solo educando prima di tutto gli uomini.

In un mondo di mascolinità tossica si fa finalmente strada l’idea di un uomo sensibile che piange senza vergogna e che sa accettare un no come risposta. Non posso dire che questo film sia un capolavoro, non tanto perché in alcuni punti tende a degli “spiegoni” tipici dei film pop, ma soprattutto, per i contenuti di questi ultimi che sono, devo dire, abbastanza banali. In sunto: ho apprezzato molto la parte visiva e di intrattenimento del film ottenuta grazie alle ambientazioni, agli attori e alle musiche, ovviamente, ho apprezzato meno la parte di sceneggiatura, secondo me, eccessivamente esplicativa e banale. Insomma, questo film, è puro intrattenimento, nel senso buono e pieno del termine non c’è nulla di male in questo; tuttavia, trovo eccessivo dargli un significato estremamente profondo che non ha. Quindi, andate a vederlo, godetevelo come un pomeriggio al luna park tra rosa zucchero filato e tappeti saltanti e poi, vi sfido a non cantare “I’m just Ken” (la lyrics a chiusura del film cantata da Ryan Gosling) almeno per una settimana.

 

 

(22 agosto 2023)

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