Venezia: Tasselli, Tessere, Tessuti

Altra Cultura

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Grisha Bruskin 01di Emilio Campanella

Una misteriosa, esoterica intrigante, insinuante ed a suo modo divertente  esposizione, è aperta al pubblico fino al 13 settembre al terzo piano della Fondazione Querini Stampalia di Venezia. S’intitola GRISHA BRUSKIN: ALEFBET ALFABETO DELLA MEMORIA. E’ sotto l’egida dell’Università di Ca’ Foscari, e precisamente del CENTRO STUDI SULLE ARTI DELLA RUSSIA (CSAR).

Curata da Giuseppe Barbieri e Silvia Burini, si avvale degli accattivanti apporti multimediali realizzati in collaborazione con CamerAnebbia-Milano di Marco Barsottini; infatti la prima sala è un’introduzione all’opera di Bruskin grazie ad una processione dei centosessanta personaggi che vedremo nelle sale successive; sulla parete opposta una miriade di simoli, suggestioni, modelli ispirativi e di raffronto per avvicinare a ciò che si incontrerà si è un po’ presi per mano.

Insomma, detto chiaramente, nel timore che i pannelli informativi non venissero letti si è optato per la scelta dell’immagine in modo da coinvolgere i “pigroni”. Egoisticamente, da grande miope sono contento di tale scelta. Io lavoro successivamente su cataloghi e cartelle stampa, anche in questo caso, dato che il materiale fornito dall’ufficio stampa STUDIO ESSECI, è come sempre di prim’ordine, ed il catalogo edito da Terra Ferma assolutamente irrinunciabile: agile, dettagliato, documentato.

Grisha Bruskin 00Artista dall’ormai lunga e riconosciuta carriera internazionale. Grisha Bruskin ci viene proposto con quest’opera realizzata fra il 2004 ed il 2006. La vedremo nell’ultima sala, anticipata da una serie di sei pannelli del 1987 con già una serie di personaggi in teoria, su quattro registri, generalmente a gruppi di quattro. Evocazioni e suggestioni molteplici, dal Talmud alla Kabbalà di un ebraismo di famiglia, ritrovato e studiato tardivamente, provenendo da una famiglia di scienziati. Il fondale è neutro, potrebbe anche essere il fondo oro delle icone, o dei primitivi, che non sono lontani, ma è invece bruno, le figure hanno colori primari ricorrenti, e attributi, insegne, abiti molteplici; variazioni di rossi e di gialli, mostri, chimere, dèmoni, simboli, angeli, figure religiose,

Nella sala successiva una grande parete dove sono proiettate le figurine che abbiamo iniziato a conoscere, alcune hanno un’alone e possono essere toccate in modo da mettere in moto una proiezione suggestiva ed un rutilare di evocazioni legate al tema che rappresentano: il libro, la lotta della conoscenza, etc. Si può intervistare l’artista rappresentato in effigie da un’altra proiezione: è sufficiente toccare il testo delle domande perchè lui alzi o sguardo verso di noi, inforchi gli occhiali e legga la risposta che noi potremo comodamente leggere nei sottotitoli. Nulla di nuovo, ma simpatico.

Di fronte una serie di pannelli dal titolo METAMORFOSI, del 1992 con, anche qui, numerose immagini di vario tipo: animali, mostri, figure, agglomerati di numeri, simboli. Si arriva, poi all’opera che dà il nome alla mostra, realizzata ad arazzo ed introdotta da una miriade di disegni preparatori sulla parete opposta a quella dove un’altra “macchina multimediale” dà la possibilità di ingrandire i particolari dei soggetti scelti in modo da poter osservare i dettagli.

Va da sé che si può restare ore a “giocare” con le suggestioni di Bruschin ed a guardare, studiare, osservare i tasselli del suo racconto tessuto ed immaginarlo a tessere le sue tessere all’infinito, appunto.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

(16 febbrio 2015)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

©emilio campanella 2015 ©gaiaitalia.com 2015 – diritti riservati, riproduzione vietata

 

 

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