di Alessandro Paesano twitter@Ale_Paesano
Un inizio incerto nel quale personaggi e spazio scenico stentano a prendere una fisionomia.
Poi dal magma affabulatorio e performativo emergono caratteristiche e caratteri codificati dal dialetto campano. Classi sociali basse che si rifanno a classi sociali ancora più basse, dove la provenienza geografica stila gerarchie e priorità. Non mancano i luoghi comuni: il fratello ritardato, il maschio manesco la femmina innamorata e succube (ma meno del solito, dopo la paura restituisce lo schiaffo che si è pigliata dal ragazzo). Poi dopo la derisione per l’altrui inettitudine quasi un risarcimento per la propria vita marginale ed emarginata, il disvelamento del motivo dei cafoni giunti in città e la rivelazione di una umanità che accomuna e suo malgrado solidarizza. E proprio quando le dinamiche tra i personaggi cominciano a funzionare andando anche oltre gli stereotipi dei personaggi la pièce si conclude.
Testo interessante, comprendiamo la menzione speciale e la segnalazione speciale Premio Scenario 2015, ma certi premi dovrebbero pensare sempre che gli spettacoli sono fatti per un pubblico che deve andarli a vedere e forse la materia di questo “Pisci e Paranza” è un po’ poco per scomodare chicchessia e invitarlo in platea…
Il pubblico applaude calorosamente con grande sincerità commovendo quasi gli attori e le attrici che escono più volte a prendersi i ringraziamenti del pubblico anche se è tardi (pisci ‘e paranza è stato programmato alle 23) e tutti vogliamo andare a casa…
(5 settembre 2015)
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