Coming Out e omofobia interiorizzata. Quale immaginario vogliamo per i nostri ragazzi?

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di Alessandro Paesano, #Omofobia

Quello del titolo non è un maschile inclusivo, ci chiediamo dell’immaginario collettivo dei giovani ragazzi di oggi, piccoli uomini (per l’età) in crescita, che magari si scoprono innamorati di altri ragazzi come loro. Come succede a Luciano Spinelli, Tik Toker da quasi 8 milioni di follower intervistato su Vanity Fair in un articolo dal respiro discriminatorio e antiquato.

La presa di coscienza di Luciano della sua omosessualità viene descritta come un percorso che lo ha portato ad accettarsi come se l’omosessualità fosse una condizione invalidante con cui venire a patti, da soli. Nelle domande di Carta e nelle risposte di Luciano non c’è posto per altri omosessuali, per i suoi pari, persone in grado di fare causa comune, ma solo un eterogeneo e magnanimo gruppo etero siano gli amici o i genitori che hanno compreso, che cosa ignoriamo.

In questo percorso di accettazione di una diversità che si tollera, sono le persone omosessuali a doversi accettare, ed essere in pace con se stesse e con il mondo che le circonda…

Come faccio a essere in pace col mondo, però, quando il mondo mi dice che sono malato, perverso, corruttore di bambini, pedofilo, sessualmente promiscuo e che mi deride, mi sfotte, mi picchia, mi costringe a terapie di riconversione, mi impone a non fare un sesso moralmente disordinato, come vuole la morale cattolica, mi uccide? Questo, Manca non ce lo spiega…

Dell’omofobia del mondo, che in molti Stati conduce ancora al carcere e alla pena di morte, non c’è traccia nelle domande di Manca e, purtroppo, nemmeno nelle risposte di Luciano. L’articolo conferma i più triti stereotipi sull’omosessualità maschile come quando Luciano confessa che si vergognava a giocare con le bambole, oppure quando dice che l’orientamento sessuale è solo un’etichetta che, purtroppo, molti utilizzano solo per far parlare di sé, cancellando con una sola frase tutto il percorso di liberazione fatto dalle persone omosessuali almeno dai tempi di Oscar Wilde.

Nell’intervista non esiste nemmeno la bisessualità per cui l’interesse che Luciano ha avuto per una ragazza, dopo aver fatto il conio out, lo ha considerato un turbamento, una specie di flirt. L’apoteosi l’articolo la raggiunge quando Luciano nega al coming out qualunque valenza politica perché non si tratta di un invito a dirlo, ma ad accettarsi.

Come se il problema fosse l’autoaccettazione e non l’autoaffermazione in un mondo iperomofobico.

Cioè che colpisce di più in questa asfittica, stantia, retrò e reazionaria retorica della diversità, da rispedire al mittente, sono le foto che accompagnano l’articolo, nelle quali Luciano appare a torso nudo, sexy, in una sessualizzazione del suo corpo che conferma lo stereotipo del gay giovane, bello, palestrato, che veste bene, ben diversamente da noi comuni mortali, che non arriveremo mai a quegli standard.

Ben diversamente da Luciano stesso che non propone su Tik Tok quel tipo di immagine, di fisicità, anzi.

Persino su Instagram, dove qualche centimetro di pelle in più, a onor del vero, Luciano lo mostra, il suo corpo scoperto, spogliato, è mostrato nella sua vulnerabilità, nella sua resistenza a uno standard da rispettare come si legge nei commenti coi quali Luciano politicizza il corpo secondo degli  standard molto più contemporanei di quelli neocatecumenali di Vanity Fair.

Perché allora imbastire delle foto che danno di lui una immagine così diversa da quella che lui ha scelto nei suoi profili social?

Il messaggio che Vanity Fair propala al suo pubblico non è già sii te stesso, sii te stessa, ma sii bello, e tonico come Luciano; è quello il futuro da sognare, basta andare in palestra e mettersi a dieta.
Un futuro dove è importante che noi accettiamo noi stessi, poco importa se il mondo continua ad ammazzarci, o incarcerarci o a ricoverarci per essere curati e ricondotti all’eterosessualità.

Un mondo nel quale siamo soli, senza fidanzati (tra le domande nemmeno una sulla vita sentimentale di Luciano), dove pur essendo ipersessualizzati, di sesso non se ne consuma affatto.

Un futuro dove Luciano e gli altri ragazzi gay come lui  non sono un soggetto politico ma un oggetto del desiderio, un desiderio che deve rimanere insoddisfatto secondo la sadica vocazione cattolica.

Un oggetto di desiderio ideale e inavvicinabile.

E’ davvero questo l’immaginario collettivo, il futuro, che prospettiamo per i nostri giovani?

 

(22 giugno 2021)

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