di Giuseppe Sciarra

Abbiamo incontrato il pittore Alessio Balduzzi, allievo di Concetto Pozzati, fortemente incuriositi dalle sue opere dal taglio onirico e dalla forte impronta spirituale e visionaria; per certi aspetti ci hanno ricordato le visioni allucinatorie dei dipinti del libro rosso di Carl Gustave Jung.
Balduzzi ha esposto in collettive e personali in italia e all’estero. Ha realizzato per le Edizioni del Collage “Pataphysique disegni e illustrazioni”, ha illustrato “La coscienza di Zeno” e la copertina de “Il fuggiasco delle due valli” per Temperino Rosso Edizioni e illustrato una stampa a tiratura limitata per il numero quattro della rivista d’arte e fatti culturali “UT”.

Alessio come vedi e come vivi la figura dell’artista? Nel corso degli ultimi secoli se ne è discusso parecchio soprattutto in merito al rapporto tra arte e mercato, artista e profitto. Una querelle vecchia come il mondo che continua a offrire spunti di riflessione interessanti e rispetto alla quale mi piacerebbe avere la tua opinione…
Sarà una risposta molto breve la mia: non mi interesso minimamente di mercato e di profitto. Penso che l’artista (parola che non amo molto visto le accezioni che si sono date da fine ‘800 in poi) sia un ricercatore, e pertanto il suo interesse è di trovare, non di mercanteggiare. Per guadagnare ci sono altri tipi di lavori. Poi se uno attraverso la sua ricerca ha la fortuna di incontrare il gusto del pubblico e del mercato e riesce a vendere buon per lui.

Ti sei diplomato all’Accademia di Belle Arti di Bologna nel corso di pittura di Concetto Pozzati. Che rapporto avevi col Pozzati insegnante e il Pozzati artista?
Mi sono iscritto all’accademia di Bologna proprio perché c’era lui come insegnante e se non fossi stato ammesso nel suo corso probabilmente non avrei continuato gli studi. Di Pozzati ho un ricordo molto piacevole, persona squisita e affabile e molto colta e di ampie vedute. Nel suo corso si poteva fare di tutto: non solo pittura, dalle performance alle istallazioni alla video arte e molto di più. Immagina che io all’epoca dipingevo tele di iuta di grandi dimensioni completamente al buio per poi farne delle installazioni, e ricordo che fu molto colpito dalla cosa. Data la mia timidezza il rapporto con lui era allievo/maestro, anche se devo dire scherzava molto con me (ed anche con altri). Insomma non posso che avere un ricordo molto positivo e piacevole di quei 4 anni nell’aula Pozzati.

Nelle tue opere ricorrono spesso elementi surrealisti uomini con testa da gufo o da serpente (lucertola), penso al “Fabbro Cosmico” e “Cosmogonia”, in cui l’universo, i pianeti e gli astri sono sempre presenti. A tal proposito volevo sapere da dove nasce questo tuo interesse per gli astri e se i sogni e il cinema influenzano in maniera preponderante la vena visionaria nelle tue opere…
Sicuramente l’universo e i sogni influenzano in particolare questa mia ultima serie di lavori. L’universo con i suoi spazi siderali mi affascina per il mistero e la complessità che lo governa; così come mi affascina il mistero dell’essere umano e della vita: per questo ci sono simboli ispirati dalle pitture rupestri, che spesso fluttuano dispersi nello spazio. L’onirico, per se stesso visionario, rientra sicuramente nelle influenze della mia pittura. Anche pittori come Mirò e Paul Klee sono tra quelli che mi hanno influenzato in questo percorso, come del resto la letteratura di Borges. Anche la musica influenza in parte la mia pittura (Sun Ra, Coltrane, Scelsi, Ligeti). Essendo un appassionato della settima arte, il cinema, se c’è un’influenza, è quasi del tutto inconscia. Mentre per i due quadri che tu citi, la scelta di questi due animali (gufo e lucertola) è dettata solamente da una mia predilezione per queste due specie che sono anche antitetiche: una è notturna, l’altra si crogiola al sole.

Concetto Pozzati ha esplorato in tutte le salse il suo rapporto col tempo sia da un punto di vista tecnico che più concettuale e profondo. Tu sembri fare il contrario concentrandoti molto con i tuoi dipinti sull’universo dove lo spazio e il tempo per come li conosciamo noi cessano di esistere. Come vivi come persona e come artista questi due concetti?
Che tu riesca a riconoscere nei miei dipinti che lo spazio e il tempo cessano di essere per come noi li conosciamo mi fa molto piacere perché è uno degli aspetti in cui mi sono concentro maggiormente per questa serie di pitture e se anche solo in parte i miei quadri riescono a restituire ad un osservatore sensibile questa sensazione, ne sono contento. Come ti dicevo prima, con Pozzati c’era molta libertà non solo di tecniche, ma anche di pensiero e di visione. Quella del Maestro era un punto di vista del tempo come ricordo, memoria, mentre il mio è un tempo che si disperde e si fonde con lo spazio (cronòtopo in fisica), ma al tempo stesso è lì, visibile, pertanto anch’esso rimane memoria.

Tieni un corso di pittura al centro diurno per disabili “Cuberdon” di Imola, ci parleresti di questa esperienza e del rapporto che hai coi tuoi allievi? Si parla poco di arte e disabilità. Quanti artisti con disabilità conosci e come credi che si rapporti con la disabilità il mondo dell’arte?
Preciso che “Cuberdon” è una struttura dove non ci sono “artisti” o aspiranti tali, ma ragazzi disabili (fisici/mentali) a cui si cerca, attraverso varie attività, di dargli la possibilità di esprimere se stessi. Sono altre le realtà dove disabili si dedicano all’arte in toto (“Artètipi” di Parma ad esempio).La mia esperienza è del tutto positiva, perché mi piace quando riscontro partecipazione e divertimento nel fare artistico, soprattutto se poi chi lo fa non lo fa di “mestiere”. Sinceramente al “mondo dell’arte” sono alquanto trasversale, pertanto non saprei avere, e di conseguenza, darti un parere preciso e fondato.

Sei anche un regista. Hai realizzato svariati corti cinematografici da indipendente. Quali sono le tue influenze cinematografiche? Che differenza riscontri tra cinema e pittura?
Più che essere, direi che ho provato a fare il regista, ho girato solo 6 cortometraggi (di cui 2 “astratti”) del tutto amatoriali, e con mezzi nulli (una videocamera economica e amici non attori), diciamo che è stata più una voglia che una vera e propria aspirazione. Parlare di influenze è un po’ troppo per i miei corti, comunque mi ispiravo in parte a Ciprì e Maresco, Tarantino e al cinema muto. Le differenze tra cinema e pittura sono varie, chiaramente la principale è il movimento e di conseguenza lo sviluppo nel tempo, un’altra molto evidente è che la pittura è un lavoro solitario, mentre il cinema è un lavoro di gruppo, ed essendo io un po’ solitario mi trovo meglio davanti ad una tela.

(31 gennaio 2022)

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